La storia dell'Isopatia e dei suoi più grandi precursori

Pubblicato il 11/05/2021

Categorie: Storia dell'Omeopatia

Autori: Benedetta Gobbi Frattini

Fonte: Il Medico Omeopata - Rivista

La storia dell'Isopatia e dei suoi più grandi precursori

L'isopatia o isoterapia è la tecnica terapeutica omeopatica che utilizza a scopo curativo o profilattico, gli agenti morbigeni responsabili di una malattia, sotto varie forme. Trattare una malattia attraverso l'agente che può provocarla è un'antica acquisizione empirica dell'arte medica di tutti i tempi. Il principio in base al quale sia possibile trovare un rimedio del male, nel male stesso, curare un morbo o una malattia con l'agente eziologico che l'ha procurato, è patrimonio dell'arte medica da sempre. Si tratta di un'intuizione probabilmente vecchia quanto la medicina stessa. E' un concetto ubiquitario, che abbraccia trasversalmente l'arte del guarire da secoli, condiviso da popolazioni e culture diverse, lontanissime nel tempo e nello spazio, che non hanno potuto influenzarsi reciprocamente. Non si tratta quindi né di una novità né di una prerogativa della medicina omeopatica.

Seguono alcuni esempi, per dimostrare che, anche nell'era pre-omeopatica questa prassi terapeutica, che ancora non si chiamava isopatia (terminologia introdotta dagli omeopati nel XIX secolo), esisteva già e veniva applicata in diverse forme e a vari livelli. Alcuni popoli primitivi conoscono e attuano tutt'ora queste tecniche. I Boscimani sono una popolazione di raccoglitori e cacciatori che vive ancora allo stato primitivo, confinata oggi in una ristretta area dell'Africa australe, tra Namibia, Botswana e Sudafrica. Per curare gli effetti del morso di un serpente, utilizzano un pezzetto di ghiandola venenifera di serpenti uccisi a questo scopo. Dopo aver estratto la ghiandola dal serpente, la fanno essiccare al sole e la triturano. In caso di necessità, applicano questo preparato in corrispondenza del morso.

Ippocrate nel V secolo a.c., nell'opera "Trattamento dei luoghi dell'uomo" scrive: "vomitus vomitu curantur" e stabilisce che: "... gli stessi agenti che hanno prodotto il male, lo guariscono...".

Dioscoride (medico greco antico del I sec. d.c. vissuto a Roma all'epoca di Nerone) raccomanda di far assumere agli idrofobi il fegato del cane che li ha morsi e di mangiare lombrichi arrostiti in caso di parassitosi elmintiche.

Plinio il vecchio (Roma antica, I sec. d.c.) nel suo trattato "Naturalis historiae" insegna a curare la rabbia bevendo la saliva del cane rabbioso.

Aetius d'Antioca (fine V sec. d.c.) dice: ''là dove c'è il male c'è anche il rimedio'' e raccomanda di schiacciare lo scorpione sulla puntura appena inflitta e di mangiare la carne di vipera che ha morso, per contrastare gli effetti dell'avvelenamento.

Paracelso (1493-1541), nella sua opera "Archidoxes", consiglia di utilizzare prodotti morbosi per la cura delle malattie e formula la teoria del simile che cura il simile: "lo scorpione cura lo scorpione, il mercurio cura il mercurio e raccomanda di assumere piccolissime dosi di mercurio per guarire dall'avvelenamento da mercurio stesso." Nei suoi trattati si legge: "il veleno è mortale per l'uomo tranne nel caso in cui nell'organismo non ne trovi un altro contro cui lottare". Consiglia inoltre di assumere l'estratto di fiele di bue per la cirrosi e l'estratto splenico di bue per i problemi alla milza.

Osvald Crollius: nei suoi trattati consiglia anch'egli di schiacciare lo scorpione tra 2 pietre e applicarlo sulla puntura: "così il male se ne va da dove è venuto".

Robert Fludd, ricercatore gesuita irlandese (XVI-XVII sec. d.c.) nella sua "Philosophia Myosaica" afferma: "Sputum rejectum a pulmonica post-debitam preparationem curat phtisin" e documenta di aver curato dei malati tisici con un preparato estratto da sputi di soggetti tubercolotici, opportunamente diluiti.

Athanasium Kircher nella sua opera "Magnes sive de arte magnetica" scrive che il morso di un ragno sarà guarito dall'applicazione di un ragno e la rabbia si può guarire con l'applicazione dei peli del cane nell'area cutanea del morso. Egli afferma: "Ubi morbus, ibi etiam medicamentum morbo illi opportunum" (Lì dove c'è la malattia c'è anche il rimedio opportuno per la malattia stessa).

Il professor Philippus Netter di Venezia consigliava il pus disseccato di un bubbone di peste per la cura della peste. Le stesse tecniche vaccinali utilizzano questo tipo di principio, attraverso l'attenuazione, in varie forme, dell'agente etiologico di natura virale o batterica. Niente di nuovo sotto il sole, come si vede.

Dottrina delle signature: è la forma primitiva della legge della similitudine, è lo sviluppo del pensiero analogico attraverso l'espressione simbolica. Cerca dei rapporti ''altri'' tra le cose, estraendo ciò che può essere comune tra loro. Come tra una pianta o un frutto e certi organi. Es. classico della morfologia del mallo della noce che ricorda le circonvoluzioni encefaliche.

I GRANDI PIONIERI DELL'ISOPATIA

L'isoterapia o ISOPATIA è quindi un metodo antichissimo e noto, ma bisognerà attendere gli inizi del diciannovesimo secolo e la nascita dell'Omeopatia per vederla impiegata in modo sistematico. Il nosode è un rimedio omeopatico e quindi un medicamento che ha subito un'attenuazione dinamizzata attraverso le pratiche di diluizione e potentizzazione che deriva da culture patologiche: escreti o secreti.

Costantin Hering: nato il primo Gennaio del 1800 in Sassonia, da padre musicista e direttore scolastico. Pur manifestando interesse per la musica si orienta verso la matematica e le scienze naturali. Dopo il liceo va a Dresda per studiare chirurgia, quindi a Leipzig e diventa l'assistente di un noto chirurgo dell'epoca il professor Robbi.

Un editore, tale Baumgartner, incarica Robbi di scrivere un libro che confuti la validità dell'omeopatia e denigri le teorie di Hahnemann. Il professor Robbi, noto chirurgo e professore universitario, per mancanza di tempo, declina l'offerta e affida il compito all'assistente prediletto, il giovane Hering. Hering, giovane studente, ignora completamente l'omeopatia e per la stesura di questo libro è costretto a documentarsi e si ritrova a leggere e studiare le opere di Hahnemann. Resta affascinato da queste teorie e inizia ad applicarle sui suoi pazienti; i risultati ottenuti lo condurranno a ricredersi e a convertirsi all'Omeopatia (allora definita l'eresia medica). Disapprovato da Robbi e dagli altri professori, Hering discute la tesi di dottorato titolata: "De medicina futura" difendendo l'omeopatia. L'anno dopo la laurea, sedotto dai racconti di un suo parente, un naturalista che aveva vissuto nella Guyana olandese per ricerche scientifiche, Hering decide di partire per queste terre per un breve soggiorno.

Parte quindi per Surinam nella Guyana olandese, nel Nord dell'America meridionale, si innamora di questo luogo e vi soggiorna per 6 anni iniziando a praticare la medicina omeopatica sulla popolazione locale. In questo periodo (1831), emergono le sue prime idee riguardo l'uso di rimedi preparati a partire da escrezioni e secrezioni patologiche, che egli battezza nosodi. A questo periodo trascorso nell'America latina, si deve la sua prima sperimentazione e patogenesi di Lachesis.

In Guyana, Hering diventa celebre grazie ai numerosi successi terapeutici e viene nominato medico personale del governatore del paese. In questo periodo mantiene costanti contatti epistolari con il paese natale, inviando i resoconti della sua pratica e delle sue ricerche. Scrive sia ad Hahnemann che a Stapf. Ritorna in Germania nel 1833, ma per breve tempo. Emigra un'altra volta oltre oceano, questa volta negli Stati Uniti. Approda a Philadelphia e vi permane a lungo, dedicandosi all'omeopatia a tutto campo, come medico clinico, come sperimentatore, come scrittore e come insegnante e conferenziere. E' sorprendente l'opera letteraria prodotta da Hering, in concomitanza con la sua attività di medico pratico. Al grandissimo lavoro, impegno e sacrificio di Hering si deve l'enorme diffusione della medicina omeopatica in tutto in continente Nordamericano e il successo che nel XIX secolo l'omeopatia incontrò in quel paese.

Successo purtroppo che l'Omeopatia non conobbe allora in Europa. Nel vecchio continente e in Germania, paese natale di Hahnemann e dell'omeopatia, paradossalmente la diffusione della nuova medicina non fu, allora, così estesa.

Nel 1845 Hering torna per un anno in Germania, per rientrare in Pensylvania l'anno successivo. A Philadelphia nel 1848, fonda insieme ad un collega, il dott. Williamson, la prima scuola di omeopatia istituzionalizzata della storia: l'"Hahnemann Medical College" in cui si insegnava e si praticava esclusivamente la medicina omeopatica. Questo istituto, dedicato ad Hahnemann, esiste ancora oggi ed è sede di un importante Policlinico universitario e di una facoltà di medicina in cui si insegna però, oggi, la medicina ufficiale.

Sperimentatore instancabile, ad Hering dobbiamo tantissimi provings, tra cui quello di Lachesis. Realizza, sperimenta e redige le prime patogenesi anche di: Psorinum che inizialmente definisce con il nome di Psoricum (preparato dal pus della scabbia), Variolinum, Hydrophobinum, da utilizzare sia come ''aequale'' (la saliva diluita e dinamizzata del cane rabbioso per curare l'idrofobia), sia come ''simile'' secondo i sintomi emersi nella sperimentazione del medicamento-nosode sull'uomo sano. Pubblica una monografia su Lyssina (Hydrophobinum) sul North American journal of Homeopathy.

Secondo Hering: "ogni malattia conterrebbe nel suo stesso germe il suo rimedio e la sua profilassi, il primo malato servirebbe a curare tutti gli altri e l'epidemia si arresta sul nascere, la peste e il carbonchio perderebbero terreno". Nelle sue sperimentazioni sui nosodi Hering stabilisce che come effetto supposto che: "dei prodotti del corpo umano e delle particolari parti dell'organismo, hanno tutti preferibilmente un'azione sulle stesse parti da cui essi sono stati prelevati". Quindi Hering giunge alla conclusione di utilizzare come ceppo del nosode una secrezione o un'escrezione patologica proveniente da un organismo malato.

Il secondo grande isopata della storia è Johan Joseph Wilhelm Lux, tedesco, nato nel 1776. Studia alla Scuola civile veterinaria di Berlino, e poi si laurea in Medicina e filosofia. Diventa professore universitario di scienze veterinarie. Dal 1820 studia gli scritti di Hahnemann e applica l'omeopatia in campo veterinario con grande successo. Pubblica la prima rivista di omeopatia veterinaria. Gli viene richiesto da un allevatore ungherese un rimedio efficace contro il cimurro e il carbonchio. Non conoscendo rimedi utili contro queste patologie, consiglia di diluire di 30 volte la goccia del muco nasale di un animale affetto da cimurro e di far assumere questo preparato a tutti gli altri animali.

Allo stesso modo, consiglia di diluire 30 volte una goccia di sangue di animale colpito da carbonchio e di far assumere la preparazione agli altri animali. Crea così il primo ceppo di Anthracinum, e quindi di Malleinum. A Lux, nel 1830, dobbiamo anche l'idea di utilizzare la secrezione di un'ulcera sifilitica come nosode, anche se sarà successivamente Swan a pubblicare la prima patogenesi di Luesinum nel 1880. (Syphilinum). Una delle sue più note affermazioni è: "tutte le malattie portano nella loro stessa sostanza il mezzo per guarirle". Il principio basato sull'utilizzo, a fini terapeutici, dello stesso agente morboso, diluito e dinamizzato viene enunciato come Aequalia aequalibus curantur contrapposto al Similia similibus curantur di Hahnemann. Lux oppone al principio di analogia, quello di identità. Lux preparò svariati nosodi quali: Corhyzine hominum, Leucorrhea, Scabies equorum, Variola hominum e altri.

Johann Ernst Stapf, il miglior discepolo di Hahnemann, raccoglie l'eredità di Hering e Lux, introducendo, oltre all'utilizzo dei ceppi provenienti dal contagio, anche ceppi provenienti dal malato stesso, gettando così le prime basi dell'auto-isoterapia. Hering, Lux e Stapf, i pionieri di questa tecnica terapeutica battezzano tale metodologia come Isopatia. Etimologicamente tale definizione deriva da Isos, dal greco "identico," e Pathos, dal greco "sofferenza". Quindi, letteralmente significa: stessa malattia. Secondo Julian, questa definizione porta con sé un errore concettuale di fondo: il termine corretto dovrebbe essere: isopatoterapia o isoterapia. Cioè: terapia di una malattia con lo stesso agente che la provoca. Cioè una prassi terapeutica basata sull'identico.

Theuillé (medico omeopata di Mosca) guarisce nel 1835, utilizzando la trentesima diluizione della sierosità del bubbone della peste, numerosi casi di appestati nei lebbrosari di Costantinopoli. Il Dottor Joly, un dentista di Costantinopoli, scrive ad Hahnemann per comunicargli questi successi e Hahnemann, favorevolmente colpito, divulga la notizia alla Biblioteca omeopatica di Ginevra.

Swan (medico omeopata di New York) sperimenta per primo Medorrhinum, pubblica 2 casi di tubercolosi guariti con Phtisina, un nosode preparato e sperimentato da Hering e Lux a partire da una caverna tubercolare suppurata. A lui si deve la prima patogenesi di Luesinum, grazie alla sua sperimentazione nel 1880. Burnett (medico omeopata di Londra) discepolo di Swan, sperimenta e utilizza Bacillinum (diluizione di sputi tubercolari) con successo e pubblica la sua esperienza quinquennale nel trattamento della tubercolosi, in cui documenta la guarigione di 54 casi di tubercolosi guariti utilizzando il nosode Bacillinum, 5 anni prima che Koch scopra e descriva l'omonimo bacillo. Dopo la scoperta della tubercolina di Koch (1882), gli omeopati successivi, prepareranno e sperimenteranno il nosode Tubercolinum.

Padre Denys Collet (medico francese e religioso dell'ordine di San Domenico) si laurea in medicina a Parigi e pratica inizialmente la medicina ufficiale. Dopo esser stato testimone diretto di una guarigione omeopatica si dedica allo studio del nuovo metodo. Applica principalmente anche l'isopatia e previene un'epidemia di vaiolo a Flavigny nel 1871, somministrando alla popolazione il nosode Vaccinum alla 4 CH e da lì diventa sostenitore e utilizzatore dei nosodi nella sua pratica quotidiana. Per la prima volta l'isopatia viene utilizzata non a scopo terapeutico ma preventivo, come immunizzazione omeopatica.

HAHNEMANN E L'ISOPATIA

In principio Hahnemann vede di buon grado questa particolare tecnica terapeutica, anche perché un suo grande adepto, Stapf, ne è fautore; loda e diffonde alla Bibliothèque homeopatique di Ginevra la notizia del successo contro l'epidemia di peste a Costantinopoli di Theuillè, ma in seguito diventerà ostile. Nella sesta edizione dell'Organon, nella prima nota del paragrafo 56, scrive in proposito: "Volendo guarire in questo modo, per mezzo di una potenza patogena rigorosamente eguale (per idem), è contrario al buon senso e anche ad ogni esperienza".

Secondo alcuni la reticenza di Hahnemann è solo sentimentale e viene spiegata come una reazione d'orgoglio del fondatore del Metodo, verso discepoli dissidenti. Secondo altri invece, la sua reazione è dottrinale perché si discosta dalla legge del simile, proponendo come principio terapeutico l'identicum: aequalia auqualibus curantur. Non è più il simile che cura il simile, ma l'identico che cura se stesso. Hering e Stapf si difendono, o meglio, difendono i risultati delle loro esperienze, ricerche e pratiche, asserendo che la tecnica farmacologica omeopatica di attenuazione attraverso la diluizione e di potentizzazione attraverso le succussioni del ceppo di partenza, trasforma l'aequale in simile. E che pertanto ciò che arriva al paziente, non è mai l'idem ma il Simillimum.

Ai giorni nostri un omeopata contemporaneo, Sankaran, propone una teoria legata all'ipotesi di regno. Per cui se un individuo ha bisogno di un nosode come rimedio di costituzione, significa che il tema generale da cui è governato è la sopraffazione. Questo senso di sentirsi sopraffatto da un qualcosa (paura, amore, rabbia, dolore, odio, ansia, emarginazione ecc...) secondo Sankaran, deve emergere in ogni sfera della vita di un individuo che necessita di un nosode come rimedio di costituzione. In ogni suo modo di guardare alla vita e di reagire ad essa. Questo perché i nosodi vengono preparati a partire da un tessuto infetto e quindi sopraffatto dall'infezione, vinto da essa, affinché le caratteristiche di fondo dell'infezione si manifestino nel nosode.

L'indicazione per il nosode, secondo Sankaran, sta in tutto il processo e non in una sola sfera della vita; non basta cioè che il paziente manifesti il senso di sopraffazione solo nei confronti di una situazione o di un'area circoscritta. Questa tendenza deve, a 360 gradi, coinvolgere trasversalmente il modo di porsi del pz, in tutte le situazioni. Ad esempio, il paziente Psorinum costituzionale, secondo Sankaran, ha come tema il combattimento. Questo combattimento dev'essere intenso e rivolto ad un problema qualsiasi. Che si tratti di amore, denaro, religione, lavoro, accettabilità. E questi perché il nosode rappresenta il centro del miasma.

Conclusioni

Al di là di tutte le diatribe dei maestri del passato, oggi, grazie alle esperienze di oltre 2 secoli di pratica omeopatica, si può asserire che l'utilizzo dei nosodi nella clinica, come rimedi di fondo, costituzionali, per la cura dei nostri pazienti, rappresenta una realtà indiscussa, sostenuta da numerosi casi clinici andati a buon fine. L'utilizzo dei nosodi, non soltanto come rimedi situazionali, rimedi di sblocco miasmatico o rimedi eziologici, ma come medicamenti prescritti basandosi sulla legge della similitudine, rispettando i sintomi emersi nella sperimentazione sull'uomo sano, è oggi pratica diffusa ed efficace, che rende i nosodi, medicamenti omeopatici assimilabili a tutti gli altri medicamenti presenti nella materia medica, di diversa origine.

Bibliografia

1. Koler G. - Compendio di omeopatia - Loacker Remedia Prato all'Isarco (Bz) 2007
2. Julian O.A. - La materia medica dei nosodi - Ipsa editore Palermo 1996
3. Sankaran R. - L'anima dei rimedi - Salus Infirmorum Padova 2004

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