Viaggio "omeopatico" verso Itaca

Pubblicato il 08/10/2013

Categorie: Metodologia Omeopatica

Autori: Giovanni De Giorgio

Viaggio "omeopatico" verso Itaca

Il ritorno ad Itaca è faticoso e difficile. Questo insegna il mito. Eppure, superando  avversità, timori, angosce, tra sirene ammaliatrici e ciclopi inquietanti, il ritorno in patria si trasforma in un alchemico viaggio interiore che tempra lo spirito e agevola la sapienza. La vera sapienza, quella che non s'inabissa oltre le colonne d'Ercole, che non vuole sfidare Dio, che non esplora il mondo per vana e superficiale curiosità, è simile ad una grande nave che viaggia meravigliosamente nel mare della conoscenza.

In questo mare è bello navigare, nonostante la presenza delle sirene ammaliatrici e dei ciclopi terrificanti, coltivando costantemente la speranza di ritornare in patria per poi ripartire verso incantevoli viaggi interiori durante i quali viene tentato il superamento delle mitiche colonne, senza rischio di inabissamenti. La prudenza è d'obbligo. Pertanto, nessuna  partenza da Itaca sarebbe auspicabile qualora dovesse avvenire esclusivamente per scacciare la noia.

Un viaggio "scaccianoia" non scaccia affatto la noia profonda, abissale, stagnante ed ingorgata da "scorie emotive": noia omeopaticamente "sicotica", che spesso viene potenziata proprio con le strategie tese ad eliminarla. Cosicché, ritornare omeopaticamente ad Itaca, e poi ripartire, non è cosa semplice. Proviamo a navigare sulla nave "omeopatica". Il viaggio verso Itaca, su questa nave, potrebbe essere difficile soprattutto per i naviganti che si fanno incantare dal canto delle sirene, subendone il fascino, irrimediabilmente.

Sirene, maghe e ciclopi potrebbero disturbare il meraviglioso viaggio omeopatico verso la patria, verso il luogo d'origine, verso casa. Per chi ama viaggiare verso il luogo d'origine, non soltanto col corpo ma anche con lo spirito, il ritorno a Itaca potrebbe paragonarsi ad una discesa verso antiche memorie dove vengono rivissute significative emozioni. Durante questa discesa, e durante il viaggio verso l'originaria "Itaca del pensiero", nella mente potrebbero emergere vecchi ricordi interpretabili in base all'omeopatica legge della similitudine giacché, non di rado, i vecchi ricordi sono "simili" a quelli più recenti.

La legge della similitudine, in tal senso, aiuta a valorizzare il viaggio intelligente e introspettivo verso le proprie origini. Ecco perché il viaggio assennato potrebbe essere paragonato all'effetto provocato da un medicamento omeopatico prescritto con precisione. Per cortesia, s'afferri il significato clinico espresso col paragone. Il viaggio può avere un effetto terapeutico, ma bisogna usare accortezza. Non basta un banale "cambiamento d'aria" per risolvere problemi di salute, stress, noia e malinconia. Non basta prenotare un viaggio. Non basta acquistare un biglietto e far la valigia. Anche la valigia viaggia. Ma l'uomo non è una valigia.

L'uomo non viaggia come una valigia. L'uomo viaggia col suo patrimonio di conoscenze e motivazioni che emergono spontaneamente durante l'itinerario. Quando le conoscenze e le motivazioni sono banali, le banalità emergono spontaneamente durante qualsiasi viaggio. Peraltro, le ostentate conoscenze nozionistiche e gli atteggiamenti ampollosi non servono affatto. L'accanito nozionismo esprime talvolta un sentimento d'inferiorità che viene maldestramente riscattato con l'accumulo di conoscenze sterili e disorganizzate.  Pertanto, per viaggiare adeguatamente, non basta preparare un bagaglio con gli indumenti, ma bisogna preparare un bagaglio culturale, pieno di conoscenze e motivazioni assennate. E poi bisogna salire a bordo della propria nave "interiore", puntando verso uno scopo che non sia banale, vano, minimale.

Il viaggio assennato rappresenta certamente un'interessante esperienza formativa, ma bisogna sempre evitare il metaforico inabissamento oltre le colonne d'Ercole. Oltre le colonne d'Ercole affondano la presunzione, l'ostentazione e la curiosità priva di senso. Questa è l'opinione dell'umile medico che scrive queste righe, che ama viaggiare oltre le mitiche colonne e che, durante i tanti viaggi verso l'amato paese natio,  ebbe modo di verificare su se stesso quanto sia difficile navigare verso le proprie origini, senza scadere nelle dipendenze, schivandole prontamente e consegnandole al sistema di drenaggio emotivo.

Ogni essere umano dovrebbe navigare verso la propria Itaca, ma senza farsi inghiottire dalle onde della dipendenza e del campanilismo gretto, esasperato, fazioso, vano. La navigazione è complessa. E' complessa perché gli antichi ricordi, rievocati durante il ritorno verso la meravigliosa "Itaca del pensiero", devono essere abilmente rielaborati alla luce della solida maturità che si struttura durante numerose navigazioni meditative di andata e ritorno. Lo scopo che induce a ritornare a Itaca (verso il passato) è importante quanto lo scopo che induce a ripartire per viaggiare verso le colonne d'Ercole (verso il futuro). Passato e futuro si fondono e si miscelano perfettamente. Cosicché, il passato e il futuro sembrano dissolversi e coagulare in una sorta di crogiolo alchemico che, nell'atto della trasformazione, separa gli eventi  "simili" dagli eventi "contrari", gli eventi trascorsi da quelli che ancora bisogna  trascorrere, gli eventi anti-patici dagli eventi sim-patici ed omeo-patici (omeo-pathos: simile-pathos, omeopatia).

La legge della similitudine, in tal caso, vibra con tutta la sua potenza. Vibra e aiuta a riflettere su tante cose. Aiuta a riflettere anche sulla meravigliosa esperienza del viaggio "omeopatico" che, in accordo con la legge della similitudine, consente di cogliere pienamente la "somiglianza" esistente tra il viaggio verso Itaca e il viaggio nella direzione opposta, tra il viaggio verso la tradizione e il viaggio verso la non convenzionalità del pensiero, tra il viaggio "interiore" e il viaggio "esteriore". Questi viaggi "simili"  e  "paralleli" possono saggiamente convergere e intrecciarsi  in un profondo  significato, ricco di senso, ben diverso da quello ostentato durante alcuni viaggi dettati dal consumismo, dal conformismo e dal turismo modaiolo. Infatti, alcuni eccessi "artificiali", determinati dalla mentalità consumista e conformista, non vanno d'accordo con le tensioni "naturali" che albergano nella costituzione individuale, nel temperamento e nella "profondità genetica" dell'essere umano.

Questa "profondità genetica", logicamente, non deve essere tenuta in esclusiva considerazione, ma non deve nemmeno essere rinnegata in quanto l'individuo vive, cresce e matura in rapporto agli stimoli ambientali e genetico-costituzionali. L'individuo, peraltro, gode pure di libero arbitrio, pertanto è difficile ipotizzare che egli sia "determinato" esclusivamente  dall'ambiente e/o dalla genetica costituzionale.  E' pure difficile ipotizzare che, durante qualsiasi viaggio (analitico ed analogico, razionale ed emozionale, corporale e spirituale, "interiore" ed "esteriore"), l'individuo non s'imbatta in simboli antropologicamente significativi, potenti, capaci di amplificare il significato complessivo della conoscenza. Navigando verso Itaca, verso il luogo natio, verso il luogo d'origine, è molto probabile che l'essere umano vada incontro alla propria identità originaria e profonda che non intende smarrire  per colpa delle sirene e dei ciclopi.

Nonostante le sirene ed i ciclopi possano disturbare il viaggio, l'identità originaria può essere rinnovata e rimodellata sapientemente. Viaggiare con saggezza serve anche per questo. Con saggezza, dopo il ritorno in patria, il navigante può ripartire energicamente verso nuove e lontanissime mete, usando la prudenza dell'uomo maturo, dunque, evitando di allontanarsi da Itaca per scacciare la noia, per appagare un vano desiderio di conoscenza, per collezionare viaggi insensati e per sfidare Dio. L'atto di ripartire è importante come quello di ritornare in patria. Il navigante riparte con l'animo alchimistico di chi, oscillando in una sorta di crogiolo, fa vibrare l'assennata e pacifica volontà di potenza rivolta verso l'essenza e il significato delle cose. Questo significato potrebbe nascondersi nei simboli della tradizione che, ottimamente, agevola la "resurrezione" di ciò che è stato psichicamente  "mortificato". La tradizione, logicamente, deve avere la capacità di rinnovarsi e di rinnovare, evitando di scadere nella staticità, nella monotonia e nella vana ripetitività fatta di riti formali, esteriori, svuotati di senso.

Durante questa metaforica "resurrezione", l'applicazione filosofica della legge omeopatica della similitudine può facilitare l'elaborazione e la risoluzione di dolori morali, afflizioni, inconsapevolezze, motivando ottimali "partenze spirituali" che osano puntare al superamento delle colonne d'Ercole con lo scopo di raggiungere nuovi mondi, ma soprattutto, con lo scopo di raggiungere l'Infinito che talvolta si ritrova magicamente  nella culla antropologica e culturale del luogo natio. Questo luogo è patria di antiche e significative memorie inconsce che, per dirla con linguaggio omeopatico, corrispondono a memorie psoriche, sicotiche e luesiniche estremamente illuminanti  per chi ama viaggiare nel vasto e profondissimo mare della conoscenza.

Un mare che non finisce a Gibilterra. Un mare che si naviga pessimamente sulla nave modaiola del sapere. Un mare che si naviga perfettamente allorquando si acquisisce dimestichezza con la geografia interiore, emozionale, intellettuale, spirituale. Un mare che si espande nell'infinito mondo nascosto nel nucleo dei pensieri profondi. Un mare "infinitesimale", per molti versi simile all'infinitesimale del rimedio omeopatico  studiato oggigiorno anche presso autorevoli ambienti scientifici. Il rimedio agisce nella mente e nel corpo, in piccole dosi, dosi efficaci e spesso risolutive, forse  capaci di allontanare anche le sirene ammaliatrici e i ciclopi terrificanti. Sirene e ciclopi albergano nell'animo di Ulisse. E non solo di Ulisse.

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