Consumismo e conformismo, le riflessioni di un omeopata

Pubblicato il 13/10/2010

Categorie: Metodologia Omeopatica

Autori: Giovanni De Giorgio

Consumismo e conformismo, le riflessioni di un omeopata

Se spendere è una cosa giusta, spendere a vanvera non lo è affatto. Questa verità, arcinota agli uomini di buon senso, personalmente l'ho sentita commentare più volte dai vecchi saggi che, nell'agorà dei paesi e delle città della nostra bella Calabria, usavano dissertare e discutere concretamente sulla vita reale, sapendo raccogliere le migliori energie di una sapiente cultura contadina, molto pratica e lineare, mai saccente ed ostentata, ma ricca di importanti contenuti che si rivelavano utili per stare bene e per campare in grazia di Dio.

Questi ricordi, ancora oggi, li porto dentro di me con grande affetto, un affetto che rivolgo sia alla Calabria, sia a quei vecchi saggi dalle mani callose e dalla mente sopraffina che, pur non essendo degli eruditi, si rivelavano uomini sensati, intelligenti e dialettici, desiderosi di commentare in maniera genuina i diversi aspetti della vita, attingendo principalmente alle risorse antropologiche, culturali ed esistenziali radicate fondamentalmente in una potente ed antica esperienza fatta di sudore e sacrificio.

Cosicché, ancora oggi, come medico e come omeopata, apprezzando sia la saggezza erudita sia la saggezza contadina, mi piace ricordare le piacevoli e costruttive discussioni che avvenivano nelle piazze della nostra Calabria, e, in particolare, mi piace riesaminare alcune piacevolissime conversazioni piene di buon senso e di salutare equilibrio che, democraticamente, coinvolgevano persone d'ogni rango.

Tra le tante conversazioni, come ho accennato all'inizio di questo scritto, ne ricordo alcune che riguardavano l'equilibrio con cui bisognava spendere i soldi, tant'è vero che mi viene spesso in mente la compostezza con cui le persone assennate approvavano il significato del risparmio e della parsimonia, ma non dell 'avarizia, screditando invece il consumismo sciocchino, complessato e ignorantello verso cui, ancora oggi, le persone sagge ed equilibrate dimostrano una netta avversione.

Peraltro, le persone assennate, di cui ho già elogiato il valore, oltre ad avversare il consumismo capriccioso e nevrotico, non manifestavano alcuna attrazione verso certe inebrianti "tendenze" che, oggigiorno, potremmo inquadrare secondo le logiche mercantili del consumismo e del conformismo.

Questi sono semplici ricordi. Ricordi su cui desidero riflettere perché, diciamolo francamente, la saggezza semplice e contadina, indebolita dal dilagante mercanteggiare, oggigiorno sembra un po' meno evidente, ma è una saggezza che non s'è smarrita. E' soltanto un po' nascosta. Questa è la mia impressione. In effetti, mediante una riflessione più approfondita è possibile constatare che la saggezza contadina è ancora viva, per esempio, è ancora viva in alcuni proverbi calabresi che approvano l'assennata cultura della parsimonia e la netta avversione al consumismo: "Sparagna donna Fina quandu a gutti è china" (risparmia donna Fina quando la botte è piena!).

Questa saggezza contadina, dunque, ancora si respira nell'aria, non soltanto in Calabria ma in tutta Italia, sebbene questa salutare saggezza sembra talvolta scomparire sotto il bombardamento culturale e propagandistico inneggiante il superconsumo, generatore inquietante di falsa felicità. La felicità, in base agli insegnamenti delle grandi religioni e delle grandi filosofie, è un bene spirituale che non si raggiunge col possesso di beni materiali (come vuol far credere il peggiore consumismo!), ma si raggiunge faticosamente col laborioso processo di interiorizzazione delle grandi verità e dei grandi valori.

Ecco perché il consumismo e il conformismo si rivelano spesso delle ubriacanti "tendenze" che però non riescono facilmente a stordire né la saggezza erudita né la saggezza contadina, sicché eruditi e contadini, se sono realmente saggi, mantengono prudentemente le dovute distanze dalla subliminale cultura dell'omologazione che, inconsapevolmente, induce al conformismo e al consumismo.

Pertanto, alla saggezza contadina condensata nel proverbio anticonsumista già citato (donna Fina deve risparmiare quando la botte è piena!), potremmo ben accostare l'insegnamento del grande psicanalista Erich Fromm, il quale ci invita a vivere in base alla modalità dell'"essere" e non in base alla modalità dell'"avere".

Proprio questa saggezza, talvolta erudita e talvolta contadina, rappresenta una "forza naturale" capace di consentire alla gente l'incontaminatezza dal superbisogno di consumare, dal superbisogno di possedere e dal superbisogno di omologarsi. Questa "forza naturale", incoraggiando il vivere semplice e parsimonioso, promuove il pieno godimento di quel meraviglioso benessere privo di sovrastrutture inutili, annullando soprattutto gli inquietanti impulsi consumistici e conformistici per i quali vengono spesso attivati potenti desideri orientati verso il nulla, ad esempio, verso gli acquisti compulsivi, verso il collezionismo di viaggi turistici, o, peggio ancora, verso l'adorazione di status symbol. Nulla! Questo è il nulla!

Compratori compulsivi, collezionisti di viaggi, adoratori di status symbol: questo è il grande nulla! In questo nulla, una società che corre il rischio di svuotarsi dei reali valori, invece di ancorarsi ai significati più alti dell'esistenza, si riempie inutilmente di tanti falsi valori abilmente mercificati e potenziati dal consumismo e dal conformismo.

L'omeopatia, che non dovrebbe mai perseguire il conformismo e il consumismo, tutto questo non l'approva, perché la natura più bella dell'uomo non si esprime con l'atto di conformarsi o con l'atto di consumare a casaccio. La natura più bella dell'uomo si esprime con l'equilibrio, con la moderazione, con la lealtà, con l'amore per il prossimo, con la solidarietà, con l'amicizia, con il lavoro onesto, con il sapere, valori questi che dovrebbero essere maggiormente considerati da una civiltà talvolta incapace di amare sé stessa, ma ben capace di amare ciò che possiede, ciò che guadagna, ciò che la rende ricca.

Insomma, una civiltà amante dei quattrini, una civiltà in cui troppi mercanti amano signoreggiare, una civiltà in cui i soldi sono diventati idoli, una civiltà che spende e spande, mentre gran parte del pianeta muore di fame. Una civiltà centrata sul denaro. In barba alla saggezza erudita e alla saggezza contadina.

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