Le direzioni di cura in Omeopatia secondo Hering

Pubblicato il 28/04/2023

Categorie: Metodologia Omeopatica

Autori: Klaus-Henning Gypser

Traduzione a cura di: Elena Frati

Fonte: Il Medico Omeopata - Rivista

Le direzioni di cura in Omeopatia secondo Hering

Nelle scuole di Omeopatia in tutto il mondo le direzioni di cura secondo Hering sono ormai considerate parte integrante della prognosi. Note come “Legge di Hering” oppure “Regola di Hering”, consistono di tre elementi e possono essere osservate regolarmente durante l’azione curativa di un rimedio nei casi cronici, ma solo raramente in quelli acuti:

- Lo sviluppo di sintomi dall’alto verso il basso;

- Lo sviluppo di sintomi dall’interno verso l’esterno;

- Il ritorno di vecchi sintomi.

C’è anche una quarta direzione, circolante negli ultimi decenni, vale a dire dagli organi più vitali ai meno vitali che può essere semplicemente vista come una specificazione della direzione dall’interno all’esterno. Uno dei Maestri di Omeopatia più influenti del secolo scorso, Pierre Schmidt (1894-1987), nel 1969 fece la seguente osservazione, che è rappresentativa di molte altre dichiarazioni rese da altri esperti: Il medico deve sapere che nel caso di una cura autentica i sintomi spariscono dall’alto al basso, dall’interno all’esterno e in ordine inverso al loro avanzamento o evoluzione (Legge di Hering).

Questa constatazione contiene due delle asserzioni delle tre prima menzionate:

1) usando il termine “autentica’’ si dice che i sintomi devono evolvere in quella direzione, e questo porta alla conclusione opposta che il paziente non sperimenta una vera cura se i sintomi non seguono questa strada;

2) la direzione dei sintomi ha le caratteristiche di una legge.

Nella seguente trattazione saranno prese in considerazione più da vicino sia queste teorie sia la loro paternità, che viene generalmente attribuita a Constantine Hering (1800-1880).

L’ORIGINE STORICA

Guardando indietro nella letteratura omeopatica, sembra che sia stato J. T. Kent (1849-1916) il primo a parlare della “Legge di Hering” in un lavoro presentato alla Società degli Omeopati nel 1911. Si legge: Hering ha introdotto per primo la legge della direzione dei sintomi: dall’interno verso l’esterno, dall’alto verso il basso, in ordine inverso rispetto alla loro comparsa. [...] Ci si riferisce a questo come alla Legge di Hering. [...] Non esiste una specifica affermazione in letteratura se non quella data nelle Lezioni di filosofia omeopatica nella Scuola Post Lauream.

Quali affermazioni contiene in merito alle direzioni di cura?

1) la paternità viene attribuita a Hering;

2) non è menzionata da nessuna parte, salvo che nelle Lezioni di filosofia omeopatica della Scuola Post Lauream;

3) è una legge;

4) è costituita da tre direzioni.

Prima di analizzare i diversi argomenti bisogna ricordare che Kent fece riferimento alle tre direzioni di cura già nel 1905, ma senza attribuirle a Hering. Nella sua conferenza su Natrum muriaticum affermò: L’unica cura conosciuta per l’uomo è dall’alto al basso, dall’interno all’esterno, e nell’ordine inverso di comparsa. Quando avviene diversamente, c’è solo un miglioramento, non una cura.

Quest’ultima frase sostiene l’idea che Schmidt abbia tratto ispirazione da Kent. Nel 1897, nel secondo seminario “Lezioni di Filosofia Omeopatica”, tenuto alla Scuola Post Lauream di Omeopatia di Philadelphia, fece la seguente osservazione: [...]La cura deve procedere [...] dall’alto al basso, dall’interno all’esterno [...] i sintomi che scompaiono in ordine inverso alla loro comparsa sono rimossi in modo permanente. Ma fu nel 1885 che Kent per la prima volta parlò di questa possibile evoluzione dei sintomi: Occorre ora sapere innanzitutto che le malattie guariscono dall’alto verso il basso dall’interno verso l’esterno e nell’ordine inverso di comparsa. Per quanto riguarda la prima parte delle affermazioni di Kent, cioè la paternità della legge, si afferma che Hering non avesse mai menzionato una cosiddetta ‘Legge di Hering’ o ‘Regola di Hering’. Ma chi mai avrebbe dato il proprio nome ad una propria scoperta? Di solito l’attribuzione viene effettuata in un momento successivo da allievi o colleghi; questo concetto però dovrebbe essere almeno presente negli scritti di Hering. Se apriamo infatti il primo volume del periodico “Hahnemannian Monthly”, fondato da Hering e altri omeopati nel 1865, troviamo un articolo intitolato “Le tre regole di Hahnemann riguardo alla gerarchia dei sintomi” scritto da Hering stesso. Citando il lavoro: Hahnemann ci ha fornito una seconda regola nel suo trattato “Le Malattie Croniche” [...] la quintessenza del suo insegnamento è [...] di dare in tutte le malattie croniche [...]rimedi tali [...] che siano in grado di agire dall’interno verso l’esterno, dall’alto verso il basso […]; Hahnemann ci ha dato una terza regola [...] che i sintomi sviluppati di recente sono i primi a scomparire; i sintomi più vecchi scompaiono per ultimi.

Nell’ultima pagina dell’articolo Hering spiega meglio questo concetto: Se siamo riusciti a trattare un caso cronico di vecchia data e i sintomi sono scomparsi nell’ordine inverso di comparsa, possiamo chiudere il caso concludendo in piena fiducia che il paziente sia stato guarito e che non vi sia pericolo che i sintomi ritornino. Nel 1857 Hering dichiarò che lo sviluppo di sintomi dall’alto verso il basso e dall’interno verso l’esterno è un segno prognostico favorevole.  Se torniamo ancora indietro, nel 1845 troviamo la “Prefazione del Dr Hering” alla traduzione di C.J. Hempel’s (1811-1879) del trattato di Hahnemann “Le Malattie Croniche”. Qui Hering scrive: Ogni medico omeopata deve aver osservato che il miglioramento del dolore avviene dall’alto verso il basso; e nelle malattie dall’interno verso l’esterno. [...] Anche l’osservatore più superficiale non potrà non riconoscere questa legge. […] Le malattie guariscono nell’ordine in cui sono stati colpiti gli organi, i più importanti guariscono per primi, i meno importanti dopo e per ultima la pelle.” Inoltre negli scritti di Hering in lingua tedesca c’è un debole indizio ancora precedente che risale al 1833: Se i nodi di lebbra sui glutei, zona in cui è iniziata la malattia, scompaiono per primi, ma ne rimangono altri in faccia, allora questo non è un buon percorso di guarigione.

Riassumendo quanto è stato delineato riguardo alla paternità di tali affermazioni:

1) sembra essere stato Kent ad aver introdotto il termine “legge di Hering” al grande pubblico;

2) i tre capisaldi della legge provengono da Hering che usò il termine la “legge” nel 1845 e “regola” nel 1865. È pertanto pienamente appropriato attribuire oggi questo assioma ad Hering che, tra l’altro, non negò di essere stato ispirato dalla prima edizione del 1828 del trattato “Le Malattie Croniche” di Hahnemann, dove si legge: I sintomi comparsi per ultimi [...] in una malattia cronica scompaiono per primi durante un trattamento antipsorico, ma i sintomi [...] più vecchi e persistenti [...] scompaiono solo dopo che siano già scomparsi tutti gli altri sintomi e la salute [...]si sia quasi completamente ristabilita.

Kent sosteneva poi nella seconda parte della sua affermazione che non ci fosse alcun riferimento alla scoperta di Hering, eccetto che nelle Lezioni della Scuola Post Lauream di Omeopatia di Filadelfia, che venne fondata da Kent e altri omeopati. Risulta evidente da varie fonti che questa affermazione sia corretta. Kent dichiarò inoltre che i suoi approfondimenti riguardo le direzioni di cura erano in linea con le dottrine di Swedenborg. Ma occorre anche dire che il britannico E.W. Berridge (1844-1920) scrisse, riguardo sintomi oculari, nella seconda edizione del suo repertorio già nel 1873: I sintomi clinici sono contrassegnati da un asterisco, per facilitare l’applicazione della Legge delle Direzioni Inverse di Hering. Questo assioma quindi è stato usato ancor prima di Kent, ma probabilmente Kent non era al corrente di questa fonte. Kent aveva nella sua libreria “Le Malattie Croniche” di Hahnemann nell’edizione del 1845 e quando lesse la prefazione di Hering dove parlava di una “legge”, naturalmente la chiamò “Legge di Hering”. Fu Kent poi a divulgare con i suoi insegnamenti ai suoi studenti la legge di Hering, che è diventata un elemento ben noto dei principi fondanti dell’omeopatia. Se si sia fatto riferimento a questa legge in altre scuole di omeopatia, dando o meno la paternità ad Hering, potrebbe essere oggetto di future ricerche nella storia dell’omeopatia.

Legge o regola?

Ritornando alla dichiarazione di Kent, nella terza parte egli afferma che si tratta di una legge. Ciò significa che non sono ammesse eccezioni a questa regola. Kent è completamente in linea con quanto detto da Hering nel 1845: Anche l’osservatore più superficiale non può non riconoscere questa legge. Non si può mai fare affidamento su di un miglioramento che segue un diverso ordine. E nel 1865 Hering rimarcò il concetto: Se trattando un caso cronico di lunga data i sintomi scompaiono in ordine inverso di comparsa, possiamo chiudere il caso concludendo con piena fiducia che il paziente sia guarito e che non vi sia pericolo che i sintomi ritornino. Altrimenti dovremmo dire al paziente, benché soddisfatto di questa cura parziale, che potrebbe, da lì a poco, ammalarsi di nuovo.

Anche se Hering nel suo articolo la chiama “regola”, per Kent e Hering si trattava di una vera e propria legge. Ma esiste una sola eccezione a questa regola che non è stata esplicitata a sufficienza fino ad ora, e l’idea che sta alla base di questa eccezione alla legge di Hering risale a Boenninghausen. Egli pubblicò infatti il caso di un paziente con alluce gottoso trattato con applicazioni locali secondo la medicina convenzionale dell’epoca. Il dolore passò ed insorse un mal di denti. A questo punto il paziente consultò Boenninghausen. Probabilmente sulla scrivania di ogni omeopata professionista possiamo trovare il repertorio di Kent, e tutti coloro che approfondiscono l’omeopatia prima o poi vi si imbattono. Anche senza entrare molto nei dettagli e nella conoscenza di base dell’omeopatia, si può usare facilmente il lavoro di Kent per cercare il giusto rimedio dopo un’anamnesi ben fatta. Il suo repertorio è così ampiamente conosciuto e accettato ovunque che molti si sorprendono che ne esistano altri. Ma questo è solo un esempio che dimostra la grande influenza del lavoro di Kent, del suo modo di pensare e di insegnare, che alla fine venne definito “Kentismo”. Senza dubbio l’influenza di Kent per il mondo omeopatico fu immensa.

A proposito del paziente con il mal di denti Boenninghausen scrisse: Dopo una singola dose di Sabina fu velocemente guarito e non ritornarono mai più né il mal di denti né la gotta all’alluce, proprio come avevo predetto, sia il dolore all’alluce sia il mal di denti erano coperti da Sabina. In un altro esempio Boenninghausen parla della soppressione delle convulsioni epilettiche da febbre intermittente. Se la febbre intermittente viene curata con il corretto rimedio omeopatico, ritorneranno le convulsioni solo nel caso in cui queste non siano parte della patogenesi omeopatica del rimedio somministrato. Se i vecchi sintomi sono completamente coperti dal rimedio somministrato non ritorneranno. Questo è importante da comprendere perché Kent e Schmidt non ne erano al corrente e quindi, basandosi esclusivamente sulle loro teorie, un medico potrebbe essere portato fuori strada se i vecchi sintomi non ritornano: potrebbe interpretare questo fatto come il segno di un errore prescrittivo, non considerando la possibilità che sia i vecchi sintomi che i nuovi siano coperti dal rimedio dato. Fino al 1875 Hering non conosceva questa eccezione poiché dichiarò: Soltanto i pazienti che si sono liberati dei vecchi sintomi in ordine inverso di comparsa, sono stati realmente guariti in modo corretto. Naturalmente in casi cronici prolungati e complessi raramente esiste un rimedio che corrisponde alla completa e complicata sintomatologia totale. Pertanto Hahnemann ha affermato che, a seconda dello sviluppo dei sintomi, sono necessari diversi rimedi antipsorici per curare una malattia cronica.

A questo punto ci troviamo di fronte ad un’importante conseguenza pratica di questo ragionamento: quando ritornavano vecchi sintomi Boenninghausen non stava a guardare e non aspettava, perché il ritorno di una sintomatologia pregressa era segno per lui che il rimedio prescritto non coprisse questi sintomi. Siccome questi sintomi non potevano essere curati dal rimedio in corso, Boenninghausen non aspettava ma ne prescriveva un altro basandosi sulla totalità dei sintomi riportati dal paziente. Possiamo ovviamente criticare questo modo di procedere perché ci è sempre stato insegnato diversamente, ovvero: guarda e aspetta prima di prescrivere un nuovo rimedio, e questo insegnamento sembra essersi radicato in noi molto profondamente. Dopo aver controllato tutti i 150 casi cronici pubblicati di Boenninghausen, era ovvio che era arrivato a un tempo medio di cura di due mesi e mezzo! Dobbiamo avere in mente questo quando critichiamo il suo modo di procedere, e non dobbiamo dimenticarci che, per quanto ne sappiamo oggi, in circa 200 anni di omeopatia nessun medico curò i suoi casi cronici più velocemente di lui.

Considerando il punto di vista di Boenninghausen non possiamo più parlare di “legge di Hering” ma di “regola di Hering”. Ritornando alla quarta parte della dichiarazione del Kent, in cui si descrivono le tre diverse direzioni di cura, non ci può essere discussione a riguardo poiché aveva interpretato le affermazioni di Hering in modo appropriato.

Mesmerismo

Alla fine di questo articolo si dovrebbe svelare un fatto interessante. Hahnemann fa riferimento a F.A. Mesmer (1734-1815) e al cosiddetto Mesmerismo, nella sesta edizione dell’Organon, §§ 288-289, nelle “Malattie croniche” 25, nella “Materia Medica Pura” 26 e negli “Scritti minori” 27. In questa metodica di trattamento è ben nota la stessa direzione della cura descritta da Hering. Nel lavoro di J. Ennemoser (1787-1854), che tratta ampiamente del metodo di Mesmer, si descrive bene la direzione dei sintomi:

- dall’alto in basso;

- dall’interno all’esterno;

- in ordine inverso di comparsa.

Forse il fatto che l’Omeopatia e il Mesmerismo seguano le stesse indicazioni riguardo la direzione di cura potrebbe condurre a ulteriori ricerche e anche a nuove ipotesi. A tal proposito anche Freud dichiarò nel 1895 che durante la psicoanalisi i fatti della vita del paziente riemergono seguendo esattamente un ordine inverso di accadimento e per ultimi vengono affrontati gli eventi iniziali, dai quali tutto è originato.

CONCLUSIONI

Fu Schmidt a suggerire che la direzione della cura omeopatica stabilita da Hering fosse una legge e che una cura autentica debba seguire i suoi tre assiomi. Sia Hering che Kent credevano che il ritorno di vecchi sintomi fosse necessario. Boenninghausen però sottolineò l’esistenza di un’eccezione, e quindi si dovrebbe parlare di regola e non di legge. Per concludere precisiamo nuovamente che:

- la direzione della cura è stata scoperta da Hering su ispirazione di Hanhemann;

- fu chiamata “legge di Hering” da Kent, che la diffuse nei suoi insegnamenti;

- questa direzione di cura ha dei parallelismi nel Mesmerismo e nella Psicoanalisi.

COMMENTO

L’imponente lavoro di esegesi storica condotto da K.H. Gypser sottolinea l’importanza della legge di Hering nell’evoluzione della Medicina Omeopatica. Questo ci consente di affermare che non si tratta di un “ferrovecchio ottocentesco”, ma di uno dei pilastri metodologici fondamentali, accanto alla legge dei Simili e al concetto di Dose Minima. Peculiarità della Medicina Omeopatica rispetto a quella Allopatica è una concezione energetica e fisiopatologica dell’Uomo e della malattia, caratterizzata da due Leggi, quella di Malattia e quella di Guarigione: la prima descrive l’evoluzione centripeta dei sintomi e del quadro clinico, la seconda il fenomeno inverso. La sindrome clinica va sempre intesa come una manifestazione locale di uno squilibrio energetico generale che riguarda l’organismo nella sua totalità mente-corpo. La cura di un sintomo che non ne affronti contestualmente la causa profonda e che non miri a riequilibrare il terreno risulterà quindi soppressiva, ovvero centripeta, e non attiverà la legge di guarigione.

Le direzioni della cura “dall’alto verso il basso” e “dall’interno verso l’esterno” sono ben sintetizzate dalla definizione citata nell’articolo “dagli organi vitali a quelli non vitali”, che in qualche modo le integra. Queste leggi non sono esclusivo appannaggio dell’omeopatia, ma appartengono anche ad altre tradizioni mediche. La Medicina Tradizionale Cinese, ad esempio, afferma che l’anatomia energetica di ogni organo è costituita da una loggia centrale e da un canale che da esso si dirama verso la superficie e la periferia, il meridiano. La patologia di un organo può essere preceduta o seguita da una sintomatologia lungo il meridiano corrispondente. L’evoluzione positiva di un quadro patologico può essere accompagnata dallo sviluppo di sintomi di drenaggio verso l’esterno lungo il meridiano, mentre il progredire centripeto dei sintomi in senso inverso comporta un peggioramento dello stato di salute dell’organo a cui il meridiano afferisce. La medesima legge si ritrova anche in approcci terapeutici più recenti, come la Medicina Psicosomatica e la Psicanalisi, come evidenziato anche dallo stesso Autore.

L’utilità clinica della legge di guarigione, indipendentemente dalla paternità che le si può attribuire, consiste nel fornirci uno strumento prezioso per valutare la corretta evoluzione dei pazienti che stiamo curando (la cosiddetta “osservazione prognostica”): una dismenorrea non è guarita se la paziente dopo la terapia sviluppa polipi o fibromi uterini, una rinite allergica è solo apparentemente curata se compare una polmonite. La legge di Hering attivata in senso contrario ci segnala un trattamento soppressivo che, riconosciuto precocemente, ci consente di fermarci, ristudiare il caso e prescrivere un nuovo rimedio più adatto. L’eccezione descritta da Boenninghausen alla legge di Hering sul ritorno dei vecchi sintomi ci porta infine ad alcune riflessioni:

- come appreso dal nostro percorso di studi, l’attivazione della Legge di Guarigione ha una funzione riparativa ed è obbligatoria nei pazienti lesionali: non si osserva pertanto nei pazienti funzionali (perché non c’è una lesione da riparare) né nei pazienti incurabili, in cui la Vis Vitalis è gravemente compromessa e non consente alcuna riparazione;

- l’attivazione della Legge di Guarigione può essere talvolta parziale, sia perché il rimedio prescritto è un similare che muove l’energia in maniera altrettanto parziale, sia perché la Vis del paziente lesionale grave non è in grado di portare a termine il percorso di cura;

- per lo stesso motivo, nei pazienti più compromessi e medicalizzati non sempre assistiamo al ritorno immediato dei vecchi sintomi, che possono emergere nel tempo e a più riprese;

- occorre inoltre considerare che il numero di rimedi oggi a nostra disposizione è molto più vasto rispetto a quelli dell’epoca di Boenninghausen, consentendoci una maggior possibilità di individualizzare e personalizzare il trattamento, con conseguente attivazione profonda e completa della Legge di Guarigione con un solo rimedio;

- la sottolineatura operata da Gypser, relativa al brevissimo tempo di guarigione dei casi di Boenninghausen, potrebbe essere riferita alla sola guarigione dell’entità clinica per la quale egli era stato consultato; il riequilibrio psico-fisico del paziente e del suo terreno (“ciò che davvero deve essere curato nel paziente”) non si limita alla pur necessaria guarigione clinica ed è molto difficile da ottenere in tempi così brevi. La rapidità di risoluzione di un caso clinico cronico, a nostro avviso, non è pertanto il parametro principale da considerare, quanto la profondità e la stabilità della guarigione ottenuta.

BIBLIOGRAFIA

1) Articolo presentato al 71° Congresso LMHI a Buenos Aires, Agosto 2016; si basa su uno studio che l’autore presentò al “Boenninghausen group” a Wartburg, Germania, il 6 Maggio 1996.

2) Saine, QHD 21(2004), 1, 32 e 38. Vithoukas 1987.243

3) Kent 1973.317 (con annotazioni di P. Schmidt); Schmidt fece un’osservazione quasi identica a p. 74; fu dapprima pubblicata nella traduzione in francese fatta da Schmidt delle “Lezioni di Filosofia Omeopatica” di Kent (1969).

4) Kent, TRS 1(1911)31; Kent 1987.610

5) Kent 1905.728

6) Kent, JHC 1(1897)170; Kent 1900.31

7) Kent, 1987.139

8) Hering, HHM 1(1865)6-7.

9) Hering, HHM 1(1865)12.

10) Hering 1857.731

11) Hering in Hahnemann 1845.I, 7-8

12) Hering in Hahnemann 1845.I, 8

13) Hering 1988.216

14) Hering, HHM 1(1865)7.

15) Hahnemann 1828.228

16) Kent 1987.610-612

17) Berridge 1873.viii

18) Kent 1987.674

19) Hering in Hahnemann 1845.I, 8

20) Hering, HHM 1(1865)12.

21) Bradford 1908.265

22) Boenninghausen 1963.348-349

23) Hering 1881.24

24) Hahnemann 1845.136 and 162 (tradotto non molto bene da Hempel)

25) Hahnemann 1845. I, 95 nota 1, e 163; V, 44

26) Hahnemann 1881.II, 61

27) Dugeon 1852.464

28) Ennemoser 1852.105 e 177

29) Freud 1975.81

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