La storia di un'idea: fondamenti concettuali dell'Omeopatia

Pubblicato il 24/07/2018

Categorie: Metodologia Omeopatica

Autori: Domenica Mannino

Fonte: Il Medico Omeopata - Rivista

La storia di un'idea: fondamenti concettuali dell'Omeopatia

Il periodo in cui visse Hahnemann fu sicuramente uno dei più ricchi di eventi della storia Nel 1796, in un articolo intitolato: "Saggio su un nuovo principio per scoprire le virtù curative delle sostanze medicinali" apparso sul giornale scientifico del Dr. Hufeland, Hahnemann espresse finalmente il convincimento di avere raggiunto una verità fondamentale: il principio della similitudine, posto da quel momento in poi alla base di tutta la sua successiva ricerca. Tale principio, che deve sempre guidare ed ispirare l'azione del terapeuta, costituisce a tutt'oggi il punto di partenza al quale fare ferimento quando si parla di omeopatia.

Come tutte le grandi scoperte umane, anche l'Omeopatia è figlia del suo tempo, perciò solo collocando giustamente il "Fondatore" nell'ambito della sua epoca noi potremo restituirle il significato più profondo. L'arco di tempo in cui visse C.S. Hahnemann (1755-1843) fu sicuramente uno dei più movimentati e ricchi di eventi della storia dell'umanità: a partire dalla Francia e dalla Germania vi fu, in Europa, un susseguirsi ed un propagarsi di idee nuove, a partire dall'Arte fino alla Scienza, dalla Politica fino alla Religione: in questo grande fermento non poteva, ovviamente mancare la Medicina.

Fedele a questo spirito di rinnovamento, Hahnemann, dopo aver a lungo sperimentato l'inefficacia e la limitatezza dei metodi terapeutici del suo tempo, poiché la sua integrità morale e la sua correttezza professionale gli ponevano in proposito un grandissimo problema di coscienza, smise nel 1790 di praticare la medicina. Piuttosto che continuare ad impiegare metodi a cui non credeva più, si impose per molti anni una riflessione profonda, una ricerca silenziosa sull'essenza e sul fondamento dell'arte medica, fino a quella grande scoperta che doveva rivoluzionare tutta la sua vita e lasciare una traccia indelebile nella storia dell'umanità. Questa ricerca si inserisce perfettamente in quel potente movimento di idee che contraddistingue la fine del diciottesimo secolo.

Il settecento fu contrassegnato da un forte atteggiamento generale di scetticismo verso la medicina, causato oltre che dalla penuria di validi risultati terapeutici, anche dalla posizione, assunta dalla maggior parte dei medici, verso sentimenti e valori interiori, da essi ritenuti astrazioni o illusioni, poiché non rientravano nella categoria del misurabile e del ponderabile. La tendenza generale dell'epoca fu quella di considerare l'uomo come una macchina, separando nettamente ciò che era materia da ciò che era vita, senza però riuscire a stabilire un ponte tra le due realtà, pur constatando che esse coesistevano e interagivano fra loro.

A tutto questo Hahnemann cercò di sottrarsi voltando le spalle a quella medicina "arbitraria, fallace e bugiarda". L'astronomia era nata da poco, la fisica moderna, la neurologia e la psicologia erano lontane, ed in questo contesto non poteva trovare facilmente credito un medico per il quale i "sintomi anatomici e sensoriali rappresentavano solo la parte immediatamente conoscibile della malattia e non la malattia in se". Hahnemann si accorse che "sperimentando determinati medicamenti su uomini sani, ai quali prescriveva però delle precise regole di condotta pratica e morale durante la somministrazione, si manifestavano in essi dei sintomi corrispondenti ad una specie di malattia artificiale", ed arrivò a definire la malattia come una "modificazione dell'organismo, curabile solo con mezzi altrettanto dinamici e di natura soprasensibile". Quest'ultima affermazione, la cui portata ha un valore incommensurabile nel contesto generale cui abbiamo accennato, trova le sue radici nelle condizioni profonde alle quali Hahnemann era pervenuto: l'uomo non è dunque solo il corpo che noi vediamo, ma anche e soprattutto l'essere più profondo e complesso che lo governa. Egli sosteneva che la "corporeità fisica", come elemento extra-soggettivo, è la faccia dell'essere vivente che può essere afferrata, compresa, con gli abituali sensi, ma che accanto ad essa esiste un'altra faccia, interiore, come elemento soggettivo, che può essere compresa invece solo dallo spirito, ovvero dall'attività spirituale dell'uomo.

L'organismo umano tende spontaneamente a fornire, ai diversi stimoli, delle risposte atte al mantenimento del normale equilibrio fisiologico; tali risposte variano a seconda dell'intensità degli stimoli e del grado di recettività individuale. In tale situazione l'organismo perde l'equilibrio fisiologico e si ammala. Si trattava, per Hahnemann, di abbandonare dunque una filosofia unicamente sperimentale e speculativa, per poter concepire una nuova teoria, così detta "organimistica", in cui cioè lo spirito organizza ed armonizza tutto il corpo; tale teoria permetterà ai fenomeni dell'ordine fisico e di quello interiore di avere così un "tramite", realizzando un armonico connubio tra di loro.

La malattia diventa più comprensibile studiando gli intimi rapporti tra spirito e materia. Fisiologia, patologia, Materia medica e Terapeutica, non sono più viste come separate ma si riuniscono, grazie alla "Legge dei simili", in una sola scienza, la "scienza della vita", che le armonizza e le vincola tra di loro. La malattia, infine, diventa comprensibile, nel senso più ampio, studiando gli intimi rapporti tra la parte materiale e la natura "spiritale" dell'uomo. Il carattere profondamente innovativo del cammino di Hahnemann nella sua epoca, risiede nella combinazione di alcune idee fondamentali:

a) un farmaco non agisce direttamente sull'agente morboso ma sulle irregolarità che quest'ultimo ha introdotto nell'armonia vitale dell'organismo;

b) un farmaco agisce tanto sul soggetto sano che sul malato e proprio dall'osservazione dei suoi effetti nel soggetto sano si ricavano le indicazioni per l'uso terapeutico;

c) il medico deve ricercare la dose "più debole" del farmaco che sia capace di indurre nell'organismo l'azione risanatrice;

d) la sperimentazione di una farmaco su sé stessi, consente di conoscere quali siano i disturbi da esso provocati, qualora sia somministrato in dose elevata.

Dobbiamo però, a questo punto sottolineare come il perno del pensiero di Hahnemann risieda nel suo concetto di "forza vitale", intesa come quel "principio vitale immateriale" che anima il corpo e come le eventuali malattie siano sempre riconducibili ad alterazioni di questo principio. Un agente patogeno infatti può attecchire e provocare la malattia solo in presenza di un alterazione della "forza vitale", mentre in condizioni "normali" non è in grado di provocare nulla. La forza vitale è definita come una sostanza immateriale, dotata di intelligenza formatrice, la quale conferisce la vita agli esseri, dotandoli di caratteristiche peculiari che li identificano e li rendono distinguibili l'uno dall'altro. Essa è poi a sua volta regolata e ordinata da una sostanza, per così dire più alta, che Hahnemann identica nell'Anima.

Egli si rende conto che dal mondo delle Sostanze, si sprigiona una forza terapeutica ottenibile attraverso la "dinamizzazione" (potenziamento tramite scuotimento delle soluzioni ottenute) e la "diluizione progressiva", in cui paradossalmente la graduale scomparsa dell'elemento materiale della sostanza stessa provoca addirittura un miglioramento dell'effetto.

Tutto questo lo porterà, nove anni dopo la "nascita" dell'Omeopatia, a definire "spirituali" le forze terapeutiche che si sprigionano delle sostanze. Nel corso degli anni successivi, le formulazioni di Hahnemann, in questo senso, diventano ancora più chiare e concise, fino ad esprimere, nel 1827, il concetto di "potenza" nel senso di una forza a carattere spirituale. Accade allora che, mentre da una parte Hahnemann si trova proiettato sulla soglia di un universo sovramateriale di tipo "spirituale", che si manifesta e concretizza in una quantità di effetti, dall'altra sorge in lui la necessità di spiegare e strutturare, in termini scientifici, quanto è stato scoperto.

Quali sono le connessioni e gli intrecci fra la materia e le forze spirituali collegate con essa? In che modo queste forze spirituali possono essere descritte in termini concettuali? Come mai si trovano nella materia? Sono già presenti nella materia, in forma latente, oppure penetrano in essa durante il processo di dinamizzazione? Quali che siano i termini in cui si pongono le questioni, si dovrà comunque tenere conto del fatto che, durante la diluizione, scompare la materia e contemporaneamente compaiono delle "forze".

Quando Hahnemann, sperimenta su se stesso la corteccia di china, causando la comparsa di sintomi identici a quelli della malaria, sorge in lui un quesito fondamentale relativo al perché questo avvenga e la risposta si trova nelle "strutture funzionali" dell'albero della china, analoghe a quelle dell'organismo umano. Estendendo il concetto, le sostanze, che si trovano in natura, rispecchiano l'intero spettro della corporeità funzionale dell'organismo umano, in particolare nella serie delle piante medicinali a ciascuna delle quali è collegabile e riferibile una determinata struttura.

La materia vivente è creazione dello spirito e parte integrante di esso.

Anche nell'organismo sano questo collegamento può essere sempre evidenziato in tutte le sue specifiche manifestazioni, e questo è ciò che permette il riconoscimento e l'utilizzo terapeutico delle sostanze.

Ecco dunque la "richiesta spiegazione scientifica", intrinseca al principio del simile che, prendendo spunto dal parallelismo tra l'uomo e il mondo delle sostanze, getta luce su quella particolare armonia rilevata tra i processi organici e le forze terapeutiche dei rimedi.

Da qui nasce la domanda sull'origine dell'uomo e su quella delle sostanze nel corso del divenire cosmico, laddove il mondo delle sostanze nasce per addensamento progressivo di quello delle forze e la materia è veramente creazione dello spirito e parte integrante di esso.

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