L'omeopatia funziona, ecco perché. Parola di Christian Boiron

Pubblicato il 13/02/2009

Categorie: Attualità

Autori: Valeria Ghitti

L'omeopatia funziona, ecco perché. Parola di Christian Boiron

Dopo le innumerevoli polemiche - diffuse soprattutto in Italia -  che segnano, ormai da anni, lo scontro tra l'omeopatia e quella che viene definita la medicina ufficiale, prende la parola, in esclusiva per Affari, Christian Boiron, farmacista, docente del Dipartimento di Scienze Umane e Sociali nella facoltà di Medicina di Lione e Presidente di una delle più importanti aziende farmaceutiche omeopatiche al mondo. Un'ora di intenso dialogo in cui ha raccontato il suo percorso di vita e in cui ha parlato, ovviamente, dell'omeopatia, ma in un modo che, dato il suo ruolo, potrà sorprendere.

Partiamo dalle origini. Come ha deciso di intraprendere la strada farmaceutica, prima, e omeopatica, poi?
"Farmacia e omeopatia sono arrivate per caso e per opportunità. Prima di intraprendere la Business School volevo avere, come si suol dire, qualcosa in mano. I miei genitori erano entrambi farmacisti e quindi ho scelto di laurearmi in farmacia. Facoltà che, però, non mi ha appassionato, per lo meno agli inizi. Dopo la Business School, volevo costruire una famiglia con la mia fidanzata, anch'essa farmacista. Mi serviva un lavoro ed è arrivata la proposta di mio padre: entrare nella sua azienda. Mi aveva sorpreso, perché il nostro rapporto era conflittuale, lo sentivo molto duro nei miei confronti e assente, ma era l'occasione di concretizzare il mio percorso di studi a livello professionale."

Vista la frequentazione della Business School, il suo principale desiderio era quello di diventare manager?
"Il mio obiettivo di vita è sempre stato socio-politico: intervenire sulla socialità degli uomini e cambiare qualcosa. In sintesi puntavo e punto ancora oggi alla ricerca della felicità. Inizialmente, avevo immaginato che la via del cambiamento passasse attraverso la religione. Ma quasi subito mi è parso che chi operava in campo religioso non fosse realmente interessato alla felicità, così come i politici. A quel punto ho pensato al mondo dell'impresa: vedevo l'azienda della mia famiglia e mi accorgevo che era una cellula sociale, con relazioni socio-affettive, aspetti economico-sanitari. E anche se all'epoca il mondo imprenditoriale era vissuto, in Francia, come diabolico, poteva essere uno strumento per fare qualcosa. Da qui il desiderio di applicare la gestione manageriale".

Per lei l'azienda, quindi, è un microcosmo su cui fare esperimenti?
"Proprio così. Del resto sono più un sociologo che un manager, ho un approccio più scientifico che da imprenditore. Sono consapevole di avere un carattere da leader, e penso che un leader sia colui che fa ciò che altrimenti non verrebbe messo in pratica da nessun altro, è colui che pensa per sapere come agire al meglio e agisce per cambiare le cose. Progressivamente sono entrato nell'idea che l'aspetto sociale di un'azienda possa essere modificato; mi è piaciuto da subito questo mondo, mentre a lungo ciò di cui l'azienda si occupava è rimasto in secondo piano ai miei occhi".

Mentre mi parla, non posso fare a meno di notare come ha "forgiato" l'azienda: gli uffici sono coloratissimi, con opere d'arte alle pareti, che rimandano all'omeopatia. Applicazioni di onde azzurre ornano il soffitto, la moquette sui pavimenti è colorata. All'ingresso si incontra un'enorme scultura di un orso. Tutto sembra fuorché un ufficio. Positivamente, intendo. Quindi la domanda mi sorge spontanea: anche questo rientra nel campo delle sperimentazioni in azienda?
"Sì, diciamo che è una conseguenza del mio agire per migliorare l'esistente. L'amore per i colori e per l'arte fanno parte della mia sensibilità. E, poiché ritengo che in un'azienda è il capo che deve fare certe scelte per tutti, perché altrimenti nessun altro le fa o le attuerebbe solo per se stesso, io ho fatto questa scelta".

E poi l'omeopatia l'ha catturata....
"Progressivamente ho scoperto la realtà farmaceutica e omeopatica e mi sono reso conto che l'omeopatia gioca, nella medicina, un ruolo simile a quello che tento di ricoprire io nel campo della filosofia economica: stimola a pensare diversamente la vita. Ritengo che cercare di vedere le cose in un altro modo sia la chiave per vivere meglio."


In uno dei libri che ha pubblicato, Il futuro dell'omeopatia, dice di aver raggiunto la consapevolezza che il management e la medicina sono parenti stretti, perché, citando testualmente "in entrambi i casi si devono affrontare la sofferenza e la paura, si ha a che fare al contempo con un insieme di tecniche e con un'arte, sono in gioco il potere e la responsabilità" . In  tutto questo, che cosa è l'omeopatia?
"L'omeopatia è una branca terapeutica della medicina. Mi spiego meglio, partendo da un quadro più ampio. Da amministratore di una facoltà di medicina, ritengo che la salute non sia solo un affare medico: la salute deve interessare la scuola, la politica. La medicina è uno dei mezzi - oltre alla psicologia, allo sport, per fare alcuni esempi - che serve per preservare o ridare la salute. Certamente è un mezzo più specifico, scientifico, e come tale caratterizzato da un'etica del far del bene che dovrebbe integrare tutte le conoscenze che abbiamo su una questione prima di metterle in atto. All'interno della medicina ci sono tre atti: la diagnosi, la prognosi e la terapia. E in quest'ultimo ambito esistono diverse opzioni: la chirurgia, i vaccini, gli antibiotici, e anche l'omeopatia; sono tutte possibilità terapeutiche tra le quali il medico può scegliere."

Quindi considera l'omeopatia una parte della medicina e non una medicina alternativa?
"Esatto. L'omeopatia non esiste, esistono i farmaci omeopatici. Al contrario di molti medici e di molti omeopati, non penso che l'omeopatia sia una filosofia."

Nel suo volume La ricerca della felicità, sottolinea appunto l'importanza di "rispettare, coltivare, amare la differenza propria e degli altri". Un monito anche verso chi, credendo nell'omeopatia, si trincera in una sorta di assolutismo, tale da non prevedere cure alternative ad essa?
"Capisco che ogni forma di terapia porti a vedere la medicina attraverso quell'unico filtro, come se tutto il resto non esistesse o fosse secondario. Ma bisogna superare questa visione, dobbiamo accettare che esistono altri pensieri. Credo sia necessario organizzare la coesistenza pacifica di tutte le branche mediche, di tutte le forme di terapia."

Intanto, però, l'omeopatia si trova sempre al centro di polemiche, sia intestine (tra omeopatici unicisti, pluralisti, complessisti) sia provenienti dall'esterno: c'è chi definisce l'omeopatia solo acqua fresca. Senza contare gli ostacoli legislativi presenti in particolare in Italia: anche se i prodotti omeopatici sono considerati farmaci dal 1995 non possono essere pubblicizzati e non possono contenere il bugiardino, con le indicazioni d'uso, le avvertenze. Come la mettiamo?
"Chi non fa parte di un mondo, da fuori lo vede come un fronte omogeneo, ma basta avvicinarsi per vedere le differenze. Ci sono polemiche all'interno dell'omeopatia, come al suo esterno. La polemica, il dibattito sono la chiave del progresso. Il problema riguarda la forma della polemica e l'onestà all'interno della dialettica. Questa onestà spesso manca nella polemica contro l'omeopatia. Chi la critica, infatti, non la conosce e frequentemente non l'ha mai neppure usata. Ciò non toglie che ritengo il confronto utile e accettabile e investo molto sulle modalità con cui si entra in dialettica. Io sono scettico su tutto, lo scetticismo, il mettere in dubbio è segno di razionalità."

Scettico, ma pur sempre Presidente di un'azienda farmaceutica che produce medicinali omeopatici, quindi deve pur credere nella bontà dell'omeopatia…
"Come scettico dico che l'omeopatia è efficace, non sempre e non su tutte le persone allo stesso modo, ma è efficace. Allo stesso tempo, non ho paura di affermare che ad oggi non sappiamo perché l'omeopatia sia efficace. Si tratta di due aspetti ben distinti. L'omeopatia, inoltre, non fa male e quindi ha un punto a suo favore. Ma abbiamo bisogno di tutti i medicinali, non solo di quelli omeopatici, e abbiamo bisogno di capire meglio come funzionano.
Certo, l'omeopatia si è sviluppata per oltre 200 anni, più di 300 mila medici prescrivono farmaci omeopatici e più di 400 milioni di malati la usano: si tratta di ragioni per pensare che sia efficace, anche se non si tratta certamente di una prova assoluta."

Ma un giorno si troveranno prove scientifiche dell'efficacia dell'omeopatia?
"Negli ultimi 70 anni abbiamo moltiplicato le prove, ma non sono assolute e, in qualsiasi campo scientifico non esistono prove assolute, perché c'è sempre una certa percentuale d'errore. Ora l'omeopatia si trova in una parentesi in cui funziona, ma non si sa come e perché. E' successo per tanti ambiti della scienza. Pensiamo ai vaccini: se ne parlò per la prima volta ne 1796, ma fino all'avvento di Pasteur nel 1822, non se ne comprendeva l'esatto funzionamento, ma si usavano ugualmente. Così è per l'omeopatia, Hanneman l'ha fondata ormai duecento anni fa, oggi funziona e con i mezzi e l'opportuna preparazione scientifica nel campo dell'infinitesimale, un giorno arriveremo a conoscerne i meccanismi esistenti".

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