L'omeopatia negli Stati Uniti

Pubblicato il 28/10/2010

Categorie: Storia dell'Omeopatia

Autori: Pietro Gulia

Fonte: Il Granulo

L'omeopatia negli Stati Uniti

L'Omeopatia conobbe negli USA estesa diffusione all'inizio del Novecento per precipitare poco dopo in un profondo abisso, da cui si e risollevata negli ultimi 25 anni. Cosa provocò un tracollo tale da decretarne la quasi completa scomparsa?
Le cause furono varie ed esaminandole, emerge una strana e preoccupante analogia con fattualità italiana. Historia magistra vitae: se la si conosce e se ne fa tesoro!

1825, un certo dr. Hans Burch Gram sbarcò a New York dalla Danimarca dove aveva studiato Omeopatia con il dr. Lund, allievo di Hahnemann. Fu lui ad introdurre il nuovo metodo negli USA. In breve parecchi medici di New York si convertirono all'omeopatia e cominciarono a diffonderla negli Stati vicini: New Jersey, Rhode Island, Massachusetts, Connecticut, Indiana, Illinois.

1833, il vulcanico dr. Constantin Hering, tedesco come Hahnemann, si stabilì a Philadelphia e prese in cura gran parte della numerosa comunità d'immigrati tedeschi. Nel 1835, fondò la prima scuola omeopatica al mondo, Allentown Accademy, dove si formarono alcuni tra i più illustri medici omeopatici statunitensi. Il successo professionale ( ed anche economico) di questi medici fu enorme, soprattutto tra la facoltosa media ed alta borghesia americana.

Nel 1844, Hering si fece promotore della fondazione della prima associazione medica americana in assoluto, l'American Institute of Homeopathy (AIH), che nello statuto prevedeva: "Non può essere ammesso chi non abbia seguito un regolare corso di studi in Medicina, secondo le regole stabilite dalle attuali istituzioni mediche del nostro paese e che non abbia sostenuto un esame teorico-pratico in Omeopatia dinanzi ad una commissione composta da membri dell'AIH".

La nascita dell'AIH precedette di quasi tre anni l'istituzione dell'American Medical Association (AMA), potentissima organizzazione medica tuttora esistente, la cui fondazione da parte dei medici ortodossi tra le motivazioni principali ebbe il contrastare il travolgente successo dei colleghi omeopati che, nel 1876, alla Centennial Exposition in Philadelphia, addirittura organizzarono il primo Congresso Mondiale di Omeopatia, cui parteciparono 700 medici da tutto il mondo.

Perchè tale vigore dell'omeopatia negli USA nei primi decenni dalla sua introduzione?

Nella prima metà dell'800 la formazione universitaria dei medici americani era alquanto approssimativa: i corsi duravano appena sei mesi seguiti da un apprendistato di due anni. L'armamentario terapeutico era terribilmente inefficace e pericoloso: salassi e purghe erano all'ordine del giorno, si faceva uso spropositato di dosi da cavallo di mercurio, chinino, morfina. Per contro, i medici omeopatici erano spesso laureati in Europa, avevano seguito seri corsi in omeopatia guidati da ottimi insegnanti, godevano di prestigio personale per integrità morale, dedizione al lavoro, capacità professionale e... l'Omeopatia funzionava! Soprattutto il successo omeopatico di fronte ad epidemie di malattie infettive, contro cui la medicina di allora poco poteva opporre, era motivo di conversione per numerosi medici.

Ce n'era fin troppo per attirare il rancore della classe medica convenzionale (o "regolare" come si diceva allora) che si tradusse nell'espulsione dei medici omeopati dalle organizzazioni mediche (per intenderci, come se gli omeopati di oggi venissero espulsi dall'Ordine dei Medici), nel divieto per qualsiasi medico di servirsi della consulenza di omeopati pena la radiazione, il divieto di pubblicare su giornali medici relazioni e casi clinici riguardanti l'omeopatia. Tale era l'ossessione anti-omeopatica che, negli USA, nella seconda metà del XIX secolo furono pubblicati 75 libri contro l'omeopatia. Eppure, tutto ciò non riuscì a frenarne il travolgente successo: invece ci riuscirono benissimo gli omeopati stessi o, quantomeno, i sedicenti omeopati.

Alla fine dell'Ottocento, negli USA, l'omeopatia annoverava: 12.000 medici (numero considerevole per quei tempi), 22 college, dozzine d'ospedali, dozzine di giornali.

Nel 1900, a Washington, s'inaugurava un monumento ad Hahnemann alla presenza del Presidente degli Stati Uniti McKinley; il discorso conclusivo della cerimonia fu tenuto da J. Griggs, Ministro della Giustizia.

Pochi anni più tardi, nel 1913, i college si erano ridotti a 10, diventeranno 5 nel 1919: tanto questi che i vari ospedali omeopatici nel giro di pochi anni si riconvertiranno in college ed ospedali regolari, mentre i giornali progressivamente sospenderanno le pubblicazioni.

Cosa era accaduto? Indubbiamente la riforma degli studi universitari in Medicina ne aveva di molto migliorato la qualità permettendo una congrua preparazione dei futuri medici; il grande sviluppo delle conoscenze in campo biologico, anatomico, fisiologico, batteriologico, chimico e farmacologico facevano sembrare l'omeopatia obsoleta, (il famoso medico W. Osler, avversario dell'Omeopatia da lui considerata la terapia del nulla, affermò: «Nessun altro uomo ha fatto così tanto per la professione medica quanto Hahnemann... ma ormai l'omeopatia e stata soppiantata dalla medicina scientifica...»), ma contemporaneamente si erano verificati eventi nel campo omeopatico che ne segnarono l'inevitabile declino.

Troviamo a tal proposito le analogie con l'attuale situazione italiana. Nel mondo medico omeopatico americano si era creata una profonda spaccatura tra una minoranza, restata saldamente ancorata ai principi teorici e metodologici dell'omeopatia hahnemanniana unicista e che ancora manteneva il prestigio e la dignità della professione grazie ai successi clinici, ed una maggioranza d'improvvisatori che aveva frettolosamente frequentato corsi di modesta qualità, in cui non si studiavano i principi né il metodo e s'ignoravano i testi fondamentali (non più di 500 copie di testi irrinunciabili per ogni omeopata come l'Organon e le Malattie croniche di Hahnemann furono vendute a cavallo tra '800 e '900), corsi basati sulla rinuncia al principio dell'individualizzazione sintomatologica di ogni singolo caso e che enfatizzavano la necessità di servirsi unicamente delle indicazioni patologiche cui corrispondevano pochi rimedi. In altre parole, un'omeopatia allopatizzata, in cui si finiva per credere e far credere che un numero limitato di medicamenti omeopatici poteva, per esempio, essere utilizzato in un caso di tonsillite e l'unico compito del medico era scegliere tra questi. Il passo successivo fu quello di evitare al medico anche questa fatica: si prepararono miscugli di farmaci (i complessi) contenenti 4-5-10 o più medicamenti belli e pronti da utilizzare: l'uno per gli stati febbrili, l'altro per le tonsilliti, l'altro ancora per i dolori reumatici e così via, seguendo prontuari terapeutici.

Il fallimento era dietro l'angolo e, puntualmente, si verificò.

Tutto ciò somiglia pericolosamente a quanto si sta verificando in Italia. Pochi mesi fa la Regione Toscana ha giudicato sufficiente aver frequentato un corso di 140 ore: qualunque specialista che documenti un tale modesto livello di formazione può diventare titolare di una struttura pubblica che fornisce prestazioni di omeopatia! In campo omeopatico c'è chi con scarsa lungimiranza plaude a quest'iniziativa e c'è chi afferma che è ora di svecchiare l'omeopatia, farla finita con i continui riferimenti ad Hahnemann, Kent e gli altri grandi omeopati del passato e del presente, che bisogna considerare solamente la patologia (cioè il nome della malattia, l'etichetta diagnostica) trascurando il singolo soggetto malato e somministrare uno o più di quei medicamenti che più spesso si sono rivelati utili in casi analoghi. Costoro confondono svecchiare con snaturare; forse ignorano come sono andate le cose in passato negli USA.

Tornando alla Storia, nel 1959 sarà definitivamente sospeso l'unico corso ufficiale di omeopatia rimasto presso l'Hahnemann College di Philadelphia. Una decina di anni più tardi, tal Martin Kaufmann potrà pubblicare un libro dal titolo "Omeopatia: ascesa e crollo di una eresia medica".

Insomma, attorno al 1970 negli USA erano rimasti pochissimi omeopati, quasi tutti oltre i 60 anni di età. Proprio dalla metà degli anni '70, favorita da condizioni sociali, crisi culturale, caduta della fiducia nella farmacologia chimica ed in una medicina troppo parcellizzata, tecnologizzata e disumanizzata, si assiste ad una rinascita dell'interesse dei medici e della gente verso l'Omeopatia vera, di cui si faranno promotori sia quei pochi anziani medici omeopati rimasti sia validi insegnanti europei e sud-americani. La ripresa sarà così vigorosa che lo stesso M. Kaufmann, nel 1989, pubblicherà una nuova edizione del suo libro, stavolta intitolato "Omeopatia: ascesa, crollo e rinascita di una eresia medica".

USA/ La situazione attuale

Fin dal 1938, secondo la Food and Drug Legislation, i medicamenti omeopatici sono considerati a tutti gli effetti farmaci legalmente riconosciuti, la cui produzione è sottoposta al rigido controllo della Food and drug Administration, che supervisiona il rispetto della norme di buona produzione farmacologica. Il riconoscimento del medicamento omeopatico come farmaco a tutti gli effetti comporta che l'omeopatia negli USA può essere esercitata da medici, laureati ed abilitati, ma anche da figure sanitarie legalmente riconosciute come agopuntori, chiropratici e naturopati (si ritiene che, in maggioranza, agopuntori, chiropratici e naturopati esercitino una pseudo-omeopatia preferendo, di fatto, medicamenti omotossicologici, che non sono omeopatici, e mescolando la prescrizione omeopatica ad altre pratiche non convenzionali).

Alla fine del 2001 erano attivi 12 laboratori farmaceutici omeopatici e 22 corsi di formazione in cui si insegna ed applica l'omeopatia classica unicista, maggiormente richiesta dai medici. Esistono 5 organizzazioni nazionali riconosciute ed autorizzate alla valutazione degli standard di preparazione dei futuri omeopati.

Il Council for Homeopathic Certification (CHC), costituito nel 1991, ha stabilito i criteri da applicare per giungere al rilascio del certificato di omeopata competente: bisogna aver frequentato un corso di almeno 500 ore in tre anni più un tirocinio clinico pratico sotto supervisione di un medico esperto per un minimo di un anno e un massimo di tre anni. Coloro che possono presentare la documentazione di studi richiesta sono ammessi all'esame che consiste in:

- quiz a risposta multipla:
- presentazione e discussione di cinque casi clinici con un follow-up di almeno sei mesi;
- colloquio finale per la valutazione del livello di conoscenza teorica dei principi e della metodologia e della capacità di gestione di un caso clinico.

L'esame si svolge in due giorni.
Siamo ben lontani dai modesti criteri fissati dalla Regione Toscana e assai vicini ai criteri dell'European Council for Homeopathy (ECH), di cui la FIAMO fa parte e a cui le organizzazioni americane si sono ispirate.

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