Risposta all'articolo pubblicato dal Corriere della Sera su 'Omeopatia come il placebo?'

Pubblicato il 26/08/2005

Categorie: Ricerca Omeopatica Attualità

Autori: Roberto Gava

Risposta all'articolo pubblicato dal Corriere della Sera su 'Omeopatia come il placebo?'

Egregio Direttore,

ho letto il recente articolo di Luigi Ripamonti che Lei ha pubblicato il 26.8.05 sul Suo quotidiano.

Dato che come farmacologo è stato intervistato il Prof. Silvio Garattini, che da sempre critica aprioristicamente l'omeopatia senza però aver mai dimostrato scientificamente le sue personali ideologie né con studi clinici né con studi sperimentali (sicuramente per mancanza di tempo, dato che non possiamo essere brillanti su tutti i fronti), anch'io, come farmacologo, mi permetto di sottoporLe alcuni dati concreti della letteratura scientifica internazionale.

Per quanto riguarda lo studio pubblicato sul "The Lancet", va detto che analisi di quel tipo fatte a tavolino sono di scarsa importanza scientifica, perché non affrontano il nucleo centrale del problema e cioè che il trattamento omeopatico va personalizzato. Prima di fare un confronto tra omeopatia e farmacoterapia, dovremmo chiarire cosa vogliamo curare: l'omeopatia vuole riportare alla salute tutta la persona (intesa come unità psicofisica unica e irripetibile e in stretta relazione con l'ambiente in cui vive), mentre la farmacoterapia si limita solo a sopprimere la sintomatologia ritenuta sgradevole della persona (come farmacologo, le posso assicurare che non esiste un farmaco dotato di azione eziologica!).

È palese che, proprio perché la persona non è fatta solo di cellule o di puro corpo, dietro una patologia organica umana si può celare tutto un intreccio di condizioni e situazioni che, specialmente oggi, coinvolgono la psiche, l'ambiente familiare, sociale e lavorativo, le ideologie, la spiritualità dell'individuo, ecc. Diversamente dal farmaco, nell'uomo, il rimedio omeopatico deve essere scelto tenendo presente tutto questo, altrimenti non si può dire che la terapia sia stata personalizzata e quindi, mancando questo, che è uno dei pilastri portanti della metodologia omeopatica, il trattamento non è "omeopatico alla persona" e l'effetto finale può mancare. Infatti, a differenza dei farmaci convenzionali, gli effetti terapeutici di un'alta potenza omeopatica dipendono non dall'eliminazione dei sintomi comuni di una particolare malattia, ma dalla cura della totalità e della individualità dei sintomi di un particolare paziente. Perciò, i trial clinici possono dare risultati positivi solo se l'obiettivo è quello di vedere se la totalità delle condizioni patologiche di un certo paziente, qualunque nome abbia la patologia che lo affligge, viene curata da una particolare alta diluizione omeopatica.

Il problema è talmente complesso che richiederebbe uno spazio maggiore, comunque, anche a prescindere da questo punto, oggi sappiamo che chi dice che un medicamento omeopatico (che supera il numero di Avogadro, cioè oltre la 12ch) è placebo, dimostra solo la sua profonda ignoranza scientifica, perché a tale riguardo abbiamo già una vasta bibliografia.

Medicamenti in elevate diluizioni sono stati usati in campo umano per due secoli ed è puerile pensare che milioni di persone siano state plagiate da migliaia di medici in tutto il mondo per più di 200 anni e che tutte le guarigioni avvenute siano etichettabili come "casi fortuiti". Comunque, recentemente, sono state fatte molte sperimentazioni su animali, vegetali e tessuti organici isolati che confermano gli effetti terapeutici ed escludono ogni effetto placebo (sempre che i medici omeopati non siano "casualmente" tutti così bravi da riuscire a plagiare persone, animali, piante e tessuti in vitro).

Gli animali sono stati i primi ad essere stati testati.

Il principio base delle sperimentazioni animali è quello di indurre una malattia in modo non naturale e testare su di essa appropriati rimedi. Alcuni modelli come la catalessi e il riflesso di raddrizzamento sono modelli che non implicano sacrificio di animali e che possono essere facilmente usati per testare di effetti biologici dei medicamenti dinamizzati. Con uno di questi test, ad esempio, è stato dimostrato che Nux vomica 30ch è efficace a contrastare l'effetto anti-ipnotico dell'alcool nel topo albino e che la soluzione omeopatica più efficace è quella in soluzione idroalcolica, mentre la Nux vomica preparata in etanolo puro o in acqua pura perdeva questa capacità (Br Hom J 88: 58-61; 1999). Questo esperimento mostra che l'etanolo in fase acquosa è il mezzo migliore per la preparazione di una efficace potenza omeopatica.

Nei rospi adulti della specie Bufo melanosticus, il prodotto omeopatico Nux vomica 200ch e 1000ch somministrato per os 6 ore prima di ricevere una iniezione di etanolo 25% (8 g/ kg i.p.) permetteva il recupero del riflesso di raddrizzamento (causato dall'addormentamento indotto dall'etanolo) più velocemente rispetto ai controlli (Environ Ecol 18: 972-975; 2000).

Molto illuminanti sono stati anche gli studi elettrofisiologici in vivo, che hanno dimostrato che Nux vomica 30ch ha aumentato l'attività dei neuroni ipotalamici laterali nei ratti alcolisti, mentre acqua distillata, Nux vomica TM ed etanolo 20% l'hanno ridotta (Proc Zool Soc, Calcutta 45 (Suppl A): 31 1-3 14; 1992).

Natrum muriaticum 30ch e 200ch, applicati sulla lingua di ratti albini tenuti a dieta ipersalina, hanno prodotto effetti inibitori sui neuroni ipotalamici laterali (p<0,05). Al contrario, l'acqua distillata ha mostrato un effetto eccitatore sugli stessi neuroni (First International Congress: The Homoeopathic Medicine in Europe 1993. Physicochemical-Biological and Clinirul Research. University of Urbino (PS), Italy, Sept 24-27, 1992, pag. 9-10; 1992).

Phosphorus 200ch ha prodotto effetti inibitori sui neuroni ipotalamici di ratti che avevano ricevuto Natrum muriaticum 30ch (una dose al giorno per 18 giorni), mentre anche in questi casi l'acqua distillata ha prodotto effetti eccitatori (In: High dilution effects on cells and integrated systems. C Taddei-Ferretti and P Marotta (Fda). World Scientific, Singapore, pag. 263-266, 1998). Questi ultimi due esperimenti sono stati condotti sia in un laboratorio indiano (Visva-Baharati), sia nel laboratorio dell'Institute of Higher Nervous Activity dell'Università di Leningrado).

Restando sempre nel campo dell'elettrofisiologia, senta cosa hanno fatto dei ricercatori e mi dica se un uomo di Scienza può permettersi di affermare che i medicamenti omeopatici sono placebo. Garattini e Colleghi che "sanno di sapere" certamente non conoscono queste ricerche, ma, se volessero, come le ho trovate io potrebbero trovarle anche loro ... se non fosse più comodo e vantaggioso, oggi, negarle aprioristicamente.

Un esperimento molto interessante è stato quello eseguito su gatti anestetizzati ai quali veniva registrata l'attività elettrica di singole unità nervose dai neuroni cerebrali ipotalamici laterali. Dopo una registrazione delle attività di fondo per 10 minuti, veniva data all'animale dell'acqua pura e veniva registrata l'attività neuronale per altri 10 minuti; poi veniva dato un rimedio omeopatico per bocca e si registrava l'attività neuronale per 15-20 minuti; si ripeteva ancora una volta la dose omeopatica e poi di nuovo la registrazione. E' risultato che Arnica montana 30ch ha prodotto una significativa riduzione della frequenza di scarica di 5 neuroni: effetto manifestatosi con una latenza di 0,5-60 minuti e durato 1,5-7 minuti. Hypericum perforatum 200ch ha prodotto un calo nella frequenza di scarica in quasi tutti i neuroni (eccetto uno): effetto manifestatosi con una latenza tra 10 secondi e 6 minuti e durato 3-14 minuti. Arsenicum album 30ch ha prodotto un istantaneo aumento nella frequenza di scarica di 5 neuroni: effetto manifestatosi con una latenza di 1-60 secondi e durato solo 50-60 secondi. In un neurone tale rimedio ha prodotto un calo nella frequenza di scarica dopo la seconda applicazione (effetto manifestatosi con una latenza di 1 minuto e durato 30 secondi). Un neurone non ha risposto ad Arsenicum album 30ch (Indian Biologist 23: 17-21; 1991).

A conferma di questi dati, gli stessi Autori hanno eseguito un altro esperimento sui neuroni corticali dell'area frontale media di ratto dimostrando che Arnica montana 30ch e Hypericum perforatum 200ch hanno prodotto un calo nella frequenza di scarica dei neuroni e l'effetto è durato più di 20 minuti (con una latenza che andava da pochi secondi fino a 6 minuti), mentre anche qui Arsenicum album 30ch ha prodotto un marcato aumento nella frequenza di scarica in tutti i neuroni entro 1 secondo e l'effetto è durato 20 secondi. In tutti i casi le soluzioni di controllo non hanno mostrato alcun cambiamento nella frequenza di scarica (Indian Biologist 23: 17-21; 1991).

I risultati degli esperimenti elettrofisiologici indicano che i neuroni ipotalamici e corticali giocano un importante ruolo nel mediare l'azione terapeutica dei rimedi omeopatici dinamizzati. Se l'attività elettrica dei neuroni ipotalamici va incontro a cambiamenti dovuti all'applicazione di una potenza omeopatica, è probabile che anche la trasmissione sinaptica a livello vada incontro a qualche cambiamento. È quanto è stato osservato in un esperimento condotto nel laboratorio di neuroscienze e nel dipartimento di Medical Anatomy della Texas A&M University (USA).

Agaricus muscarius 12ch, somministrato per via orale al topo, ha aumentato in modo statisticamente significativo (p<0,05) i livelli di acido diidrossifenilacetico (un metabolita della dopamina) e di acido 5-idrossiindolacetico (metabolita della serotonina) nell'ipotalamo del topo, indicando che in questi casi si verifica un aumento della trasmissione neuronale nelle aree dopaminergiche e serotoninergiche del sistema nervoso (Sci. Cult. 1990;56:134-135; 1990).

Questi risultati suggeriscono che, a seguito dell'applicazione orale di Agaricus muscarius dinamizzato, hanno luogo degli aumenti nella trasmissione dei neuroni dopaminergici e serotoninergici nell'ipotalamo e che quest'ultimo gioca un importante ruolo nell'iniziare e mediare l'azione di una potenza omeopatica.

Oltre a questi studi elettrofisiologici, sono disponibili anche studi di tossicologia, endocrinologia, immunologia e di parassitologia. Ne cito solo alcuni tratti dalla ricca bibliografia disponibile.

Microdosi di Arsenico hanno facilitato l'escrezione dello stesso metallo nelle urine e nelle feci di ratto (Human Toxicol 6: 315-320; 1987).

Dosi omeopatiche di Caulophyllum, somministrato a maiali di allevamenti, ha prevenuto la morte precoce del feto (Br Hom J 73: 142-143; 1984).

Alte diluizioni di sostanze endogene come la Timulina, un ormone estratto dal timo, e la Bursina, estratta dalla borsa di Fabrizio dell'uccello, hanno prodotto immunomodulazione rispettivamente nel topo e nei polli borsectomizzati (In: High dilution effects on cells and integrated systems. C Taddei-Ferretti, P Marotta. (Eds). World Scientific, Singapore, pag. 165-175; 1998).

Alte diluizioni di Silicea hanno accelerato la guarigione su modelli sperimentali di lesioni da perforazione dell'orecchio del topo (In: High diution effects on cells and integrated systems. C Taddei Ferretti and P Marotta (Eds). World Scientific, Singapore, pag. 176-183, 1998).

Le preparazioni di Cina TM, Cina 200ch e Cina 1000ch hanno ridotto la microfilariasi nei cani del 78,38%, 63,06% e 71,40%, rispettivamente (Jpn J Trop Med Hyg 27: 477-481; 1999).

Cina 1000ch, Calcarea fluorica 100.000ch e Thuja occidentalis 100.000ch hanno ridotto l'infezione da Trichinella spiralis nel topo albino (West Bengal, India, pag. 109, 1997). Cina 30ch ha anche ridotto l'infezione da Dirofilaria immitis nei cani fino ad un massimo del 93%. Va detto che le alte diluizioni non hanno ucciso i nematodi in modo diretto, ma hanno raggiunto lo stesso obiettivo probabilmente stimolando il sistema immunitario degli animali trattati che, grazie allo stimolo omeopatico, diventano ora capaci di difendersi da soli.

Ultimamente, inoltre, stanno proliferando anche le sperimentazioni di medicamenti omeopatici per la cura delle patologie botaniche. Arsenicum album 199ch e Kali iodatum 200ch hanno ridotto la degenerazione dei frutti del guava e del mango (Experientia 34: 1167-1168; 1978). Cina 1000ch, applicato con uno spray fogliare, ha ridotto la malattia parassitaria delle radici delle piante, causata da nematodi. Lo stesso rimedio ha aumentato la difesa naturale nelle piante e ha quindi ridotto l'infezione da parassita. Quest'ultimo esperimento è stato ripetuto due volte (Environ Ecol 17: 269-273; 1999).

Kolisko (ancora nel 1926), osservò un aumento di crescita germinativa dei semi che avevano ricevuto diluizioni omeopatiche di nitrato d'argento (Argentum nitricum). L'esperimento fu ripetuto da Pelikan e Hunger (In: Ultra High Dilution Physiology andPhysics. PC Endler and J Schulte (Eds). Kluwer Academic Publisher, London, pag. 223-227, 1994) usando Argentum nitricum 8x e 19x. Pongratz ed Endler (In: Ultra high dilution physiology and physics. PC Endler and J Schulte (Eds). Kluwer Academic Publisher, London, pag. 19-26, 1994) hanno usato Argentum nitricum 24x, 25x e 26x per la germinazione di semi di grano e confermato i risultati ottenuti dagli Autori precedenti. Parecchi effetti di rimedi omeopatici su piante sono stati riportati da altri Autori (Boiron e Zervouacki, 1962; Boiron e Marin, 1971; Auquiere et al., 1981 e 1982; Jones e Jenkins 1981 e 1983; Dutta, 1989; Bornoroni, 1992; Brizzi et al., 2000).

In accordo con questi risultati, c'è anche un elegante e recente studio di una ricercatrice italiana dell'università di Bologna (Homeopathy 92: 195-202; 2003) che ha osservato che l'Arsenico triossido altamente diluito e dinamizzato induce l'aumento di resistenza nelle piante di tabacco al virus del mosaico del tabacco (TMV).

Non potevano mancare però i test di laboratorio condotti in vitro su organi isolati, colture cellulari e macromolecole proteiche.

Mercurius corrosivus 30ch e Mercurius iodatus 30ch hanno aumentato l'attività di un enzima idrolitico in vitro (Homeopathy 91: 217-220; 2002).

Zincum metallicum 6ch ha modulato il rilascio di istamina dalle mastcellule stimolate di ratto (Experientia 44: 761-762; 1988).

Silicea 6ch e 10ch ha stimolato il rilascio di PAF (platelet-activating factor) da macrofagi peritoneali di topo (Eur J Pharmacol 135: 313-319; 1987).

Alte diluizioni di Apis mellifica e di istamina hanno influenzato la degranulazione dei basofili umani (Br J Am Pharmacol 25: 439-444; 1988). Alte diluizioni di anticorpi anti-IgE hanno dimostrato la capacità di stimolare la degranulazione dei basofili umani in vitro (Nature 333: 816-818; 1988). Questo lavoro del famoso gruppo di Benveniste, pubblicato sulla rivista Nature, generò notevoli controversie tra gli scienziati. Però, Belon et al. (Inflammation Research 48: 17-18; 1999) hanno dimostrato anch'essi l'effetto inibitorio di alte diluizioni di istamina sulla degranulazione dei basofili umani e, recentemente, il figlio del Prof. Benveniste ha pubblicato un libro-documento che dimostra gli intrighi di potere che hanno voluto bloccare e infangare il nome dell'illustre scienziato da poco improvvisamente deceduto.

Alte diluizioni di farmaci hanno mostrato effetti positivi sui microsomi di fegato di ratto (Berlin J Res Hom 1: 69-76; 1990).

Cristea (In: High dilution effects on cells and integrated systems. C Taddei-Ferretti and P Marotta (Eds). World Scientific, Singapore, pag. 200-207; 1998) ha impiegato una tecnica farmacologica classica per valutare l'efficacia della Belladonna dinamizzata. Il principale alcaloide della tintura madre di Belladonna è l'atropina, che funge da antagonista del neurotrasmettitore acetilcolina. Alte diluizioni crescenti di Belladonna, fino alla 200ch, furono applicate al duodeno isolato di ratto ottenendo un effetto bidirezionale e multifasico.

Bastide e Boudard (In: High dilution effects on cells and integrated systems. C Taddei-Ferretti, P Marotta. (Eds). World Scientific, Singapore, pag. 165-175; 1998) hanno riportato effetti immunomodulatori di alte diluizioni di sostanze endogene come timulina, bursina e citochine su topi e uccelli. Questi esperimenti furono condotti in vitro, in vivo ed ex vivo.

Duranti gli studi di Medicina mi dicevano che l'omeopatia è placebo e io credevo ai miei professori universitari, ma poi ho pensato che non era onesto chiacchierare per sentito dire e ho voluto cercare da solo la Verità, una Verità che, anche dopo 200 anni, ai più è ancora nascosta.

Per quanto riguarda i 50.000 euro, vorrei sapere chi li pagherà e quale istituto universitario metterà a disposizione il proprio laboratorio affinché gli omeopati possano organizzare la sperimentazione (ripetendo ad esempio una qualsiasi di quelle appena citate).

Cordiali saluti

Dr. Roberto Gava Farmacologo e Tossicologo
Padova, 26.8.2005

 


Riportiamo l'articolo del Corriere della Sera:

LONDRA - L'omeopatia avrebbe più o meno gli stessi effetti del placebo. A sostenerlo sono ricercatori svizzeri dalle pagine della rivista scientifica inglese «TheLancet». Matthias Egger, dell'università di Berna (Svizzera), insieme ai suoi collaboratori, hapreso in esame 110 studi clinici nei quali si confrontava l'effetto del placebo («farmaco finto») con quello di cure omeopatiche, e ha poi analizzato allo stesso modoaltrettanti studi in cui invece a essere confrontata era l'efficacia del placebo rispetto a trattamenti convenzionali. Oggetto delle cure in queste studi erano malattierespiratorie, patologie di pertinenza chirurgica, e persino argomenti d'interesse anestesiologico. I ricercatori hanno preso in considerazione sia studi di piccole dimensioni e di relativa qualità metodologica sia studi importanti sotto il profilo numerico (moltipazienti trattati) e di elevata qualità scientifica.

I RISULTATI - Tirando le somme dello loro osservazioni, gli studiosi svizzeri hanno prima di tutto notato che qualunque trattamento, omeopatico o convenzionale chefosse, appariva in genere più efficace negli studi clinici piccoli e di minore qualità che non in quelli più grandi e di maggior rigore. Inoltre, quando hanno focalizzato la loroattenzione sui secondi, hanno rilevato che l'omeopatia, in generale, faceva più fatica a
discostare i suoi effetti da quelli del placebo, mentre i trattamenti convenzionali tendevano a mantenere un effetto maggiore rispetto a quello del «farmaco finto».«Il nostro lavoro dimostra che l'effetto dell'omepatia è compatibile con l'ipotesiplacebo» ha dichiarato Egger.

LE OBIEZIONI - «Non ho ancora potuto leggere il testo completo dello studio» commenta Andrea Valeri, medico omeopata, responsabile del Dipartimento di ricercaclinica della Società Italiana di Medicina Omeopatica. «Però sulla base delgi elementi che ho a disposizione credo di poter dire che i ricercatori, nel loro procedimento,abbiano paragonato solo situazioni sperimentali, che non hanno necessariamente un riscontro con la realtà. In altre parole hanno confrontato tra loro risultati"artificiali"».
«Gli studi clinici come quelli presi in considerazione in questo caso» chiarisce Valeri, «hanno lo scopo di isolare delle variabili e di studiarle, e questo vale sia per i trattamenti omeopatici che per i farmaci tradizionali. Se si confronta, per esempio, un farmaco contro il colesterolo con il placebo, si può rilevare una sua certa efficaciain quei pazienti studiati e in quelle condizioni, ma poi quando si trasferisce il suo uso
nella realtà clinica si possono riscontare una serie di problemi che non ci si aspettava».«In altre parole» rinforza Valeri «i ricercatori hanno confrontato tra loro solo alcuni "giochi numerici", mentre per confrontare seriamente l'omeopatia con i trattamenti convenzionali bisogna individuare una patologia e poi pianificare uno studio con due "bracci sperimentali", uno con la terapia omeopatica e uno con quella tradizionale».«Se le cose vengono fatte in questo modo» conclude Valeri, «l'omeopatia molto spesso risulta migliore della medicina convenzionale, come dimostrano diversi studi, tra cui uno uscito solo qualche mese fa, nel quale 315 pazienti alla fine di un trial clinico su cinque situazioni diverse (mal di schiena, depressione, insonnia, sinusite e mal di testa), ha indicato che l'omeopatia è di circa il 50 percento più efficace dei trattamenti convenzionali».

IL FARMACOLOGO - Di diversa opinione il professor Silvio Garattini, dell'Istituto Mario Negri, di Milano: «Lo studio pubblicato da Lancet rappresenta l'ennesima conferma di tanti altri lavori scientifici che si sono accumulati nel tempo e che non hanno mai evidenziato l'efficacia dell'omeopatia». «Che poi i piccoli studi mettano più facilmente in evidenza l'efficacia rispetto al placebo è vero anche per molti farmaci, che quando vengono esaminati più seriamente molto spesso mostrano i loro limiti. Ma il fatto che questa sia un regola generale non toglie però che si debba usare sempre lo stesso metro per giudicare le terapie e che sia un po' difficile che "niente" faccia qualcosa» sottolinea il farmacologo. «E in questo senso anche le autorità regolatorie hanno grandi responsabilità: se io diluissi del Chianti a livelli omeopatici non sarei autorizzato amettere un'etichetta sulla bottiglia e a venderlo, e quindi non vedo perchè debba essere possibile mettere in commercio altri prodotti, come appunto quelli omeopatici,che contengono semplicemente acqua, indistinguibili uno dall'altro».
«E' stato messo a disposizione un premio di 50mila euro per chi si dimostri capace di distinguere il contenuto di cinque fiale di prodotti omeopatici senza etichetta, ma nessuno è riuscito a vincerlo» conclude il direttore dell'Istituto Mario Negri. «E allora mi chiedo perchè questi stessi prodotti indistinguibli possano essere venduti come diversi l'uno dall'altro e come dotati di una supposta efficacia».

Luigi Ripamonti

26 agosto 2005

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