Analisi psicologica omeopatica del paziente: occasione di riflessione per una crescita interiore

Pubblicato il 09/03/2011

Categorie: Metodologia Omeopatica

Autori: Roberto Gava

Analisi psicologica omeopatica del paziente: occasione di riflessione per una crescita interiore

Analisi psicologica omeopatica del paziente: un'occasione di riflessione per la conoscenza di sé e una crescita interiore

Quando raccogliamo i sintomi mentali, noi medici omeopati chiediamo al paziente di parlare inizialmente di sé a "ruota libera", prima di porgli una questione specifica. In genere, le poche parole iniziali del paziente spesso vanno diritte al punto centrale, riducendo le possibilità di scelta a ben pochi rimedi. Per esempio, il paziente può iniziare così: "Io sono una persona veramente tranquilla e riservata"; oppure: "Sono molto ansioso".
Gli aspetti negativi vengono generalmente riferiti più di quelli positivi. Le comuni frasi positive tipo "Amo la gente" o "Sono socievole" sono virtualmente senza valore, poiché si applicano a troppe tipologie, persino ai soggetti più riservati che hanno spesso imparato a compensarsi.

Se le prime osservazioni del paziente su se stesso sono rappresentate dalla negazione di un aspetto negativo (che non è stato chiesto esplicitamente dall'omeopata), si potrebbe sospettare l'opposto di ciò che il paziente dice. Ad esempio, quando si pone una domanda generica sulle relazioni sentimentali, un uomo Lachesis piuttosto orgoglioso che afferma "Io non sono un tipo geloso", dice implicitamente che la gelosia è un suo problema (questa conclusione deve però essere poi ovviamente confermata da ulteriori domande mirate).
Se si sospetta che il paziente non sia stato completamente preciso nella sua esposizione sintomatologica, ulteriori domande aiutano a chiarire se tali sospetti erano corretti o no.

Una volta che il paziente ha terminato di parlare di sé, bisogna porgli delle domande specifiche e si dovrebbe continuare a farlo finché si giunge a scoprire il rimedio omeopatico simillimum (o il rimedio che sembra tale). Dopo di ciò, altre domande tendono a confondere il quadro.
Tra Omeopati si è soliti dire che non si dovrebbe mai credere a quello che il paziente dice. Nonostante questo concetto sembri deliberatamente provocatorio e complicante il caso, in questa affermazione c'è qualcosa di vero. Non solo molti pazienti cercano di nascondere le loro debolezze all'omeopata, ma molti di più riescono a nasconderle anche a se stessi, perciò non ci si deve aspettare che il paziente dia un resoconto accurato di sé. Comunque, molto spesso, il modo in cui il paziente si esprime è più importante di quello che concretamente dice.

Come traccia generale, vorrei dare nove consigli pratici che per il paziente sono sempre occasione di una grande riflessione sul suo carattere. Questi spunti li ho tratti in parte dalla mia esperienza clinica ormai trentennale, ma anche dai bellissimi libri di Rajan Sankaran, specialmente nei volumi: "Il Sistema dell'Omeopatia", "La Sensazione in Omeopatia", "La Sensazione in omeopatia. Ulteriori precisazioni" che io consiglierei di leggere a chiunque si interessi non solo di Omeopatia, ma anche di conoscenza dell'uomo.

1 - Reazioni del paziente nelle situazioni acute della vita
Ritengo che il tipo di reazione che si manifesta nel corso di una situazione acuta di stress o che si verifica subito dopo può rivelare il profondo stato spontaneo del soggetto meglio di altre condizioni di vita.
Ad esempio, se una persona presenta una patologia grave dopo la morte del figlio per un incidente e reagisce con incapacità a piangere per il dolore e con successiva ansia per gli altri figli: "Cosa succederà alle mie figlie se io dovessi morire?", dobbiamo somministrargli Causticum, perché più che dolore o tristezza, dimostra di provare ansia per gli altri.
Altro esempio: se un uomo intraprendente, esuberante, socialmente famoso e apparentemente così sicuro di sè da parlare dal palcoscenico si ammala ed entra in una forte ansia per la sua salute, con timore di morire, vigliaccheria e desiderio di aggrapparsi agli altri, il suo rimedio è Gelsemium sempervirens, perché la malattia ha fatto emergere il suo carattere vero, mentre quello precedente era un ‘vestito' che si era messo su, cioè una compensazione scelta in modo da nascondere molto bene le sue debolezze.

2 - Situazioni intense, reali ed estreme che il paziente ha affrontato nel passato e cbe sono ancora vive in lui
Queste sono quelle che si definiscono ‘situazioni epidemiche', poiché un'epidemia è dovuta ad un'intensa causa scatenante che può causare un effetto simile nella stragrande maggioranza della popolazione. Tali situazioni hanno il medesimo effetto sulla maggior parte degli esseri umani, indipendentemente dal loro carattere originario. Ad esempio, se sta per scoppiare una bomba, quasi tutti reagiranno nello stesso modo. Dobbiamo esaminare con attenzione la storia dell'infanzia del soggetto per vedere se è stato coinvolto in situazioni così intense. Un caso classico è la morte di un familiare, cioè un fatto traumatizzante che il paziente ricorda anche dopo molti anni e a causa del quale egli piange ancora nel raccontarlo.

3 - Qualità che il paziente non riesce a tollerare negli altri
Quando poniamo al paziente qualche domanda su questo argomento, molte sue caratteristiche emergeranno chiaramente e molto più facilmente rispetto a quanto succederebbe se gli chiedessimo di parlare di sé. Cerchiamo ora di capire come dobbiamo utilizzare tali informazioni. Normalmente, ciò che non tolleriamo negli altri sono le azioni che ci rendono infelici. Quando qualcuno afferma: "Non riesco a tollerare la sua indifferenza nei confronti della famiglia", significa: "Voglio che si interessi della famiglia, perché così mi sentirei bene".
Questo modo di indagare ci porterà ad esaminare le condizioni in cui il paziente si sente bene, ovvero che cosa deve avvenire e che cosa necessita che gli altri facciano o siano, affinché lui si senta bene. Le informazioni riguardo a come vorrebbe sentirsi possono provenire anche dalla domanda: "Che cosa non riesce a comprendere negli altri?".

Di solito, le qualità che non riusciamo a capire negli altri sono l'opposto di quelle che per noi rappresentano un comportamento forzato. Ad esempio, se siamo meticolosi, allora non riusciremo a comprendere come qualcuno possa essere trasandato o approssimativo. Possiamo porre al paziente un'unica domanda: "Descriva una persona/parente/amico e le qualità che non riesce a sopportare o che detesta in lui o lei". Il soggetto allora redigerà un elenco delle varie cose che non riesce a tollerare, comprendere, apprezzare oppure approvare negli altri. Di solito sono esattamente le cose che non riesce a sopportare in se stesso e per cui necessita obbligatoriamente la qualità opposta. Questo bisogno rientra nel suo stato ed è di conseguenza il suo sintomo scompensato, cioè il suo stato psichico profondo.
Una risposta potrebbe essere: "Non tollero una persona lenta, noiosa, priva di ambizione e pigra, che non svolge bene il proprio lavoro". Ciò dimostra che lui starebbe bene in una situazione opposta e cioè che lui si ritiene un'intelligenza superiore, che ha ambizione, scrupolosità e industriosità.

In generale, questo è un metodo molto facile per comprendere un paziente, perché gli si offre la possibilità di criticare gli altri (cosa che di solito non dispiace fare) e, incidentalmente, ciò rivela il suo carattere.
Un'altra domanda importante da porre al paziente è: "Quando si arrabbia con se stesso?". La risposta rappresenta le condizioni a cui egli deve attenersi per sentirsi bene.
Insieme, queste domande faranno capire tutte le condizioni in cui il paziente si sente bene. Tutte le condizioni che imponiamo a noi stessi e agli altri, di solito, provengono dalle nostre stesse sensazioni o paure. Ad esempio, se abbiamo paura di stare soli, imponiamo agli altri la condizione che siano sempre con noi e non tolleriamo che si allontanino. Se abbiamo il timore di smarrire qualcosa d'importanza vitale, allora saremo eccessivamente attenti e meticolosi. Tali sensazioni (emozioni) e compulsioni (azioni) traggono origine dalla nostra percezione della situazione, cioè da quella che Sankaran chiama: falsa percezione di base.

4 - Le situazioni create dal paziente nella sua vita
In una condizione cronica, nella sua vita una persona imposterà una situazione molto analoga a quella a cui nella sua immaginazione ha già reagito. Ciò lo tranquillizzerà facendogli pensare che la sua falsa percezione è assolutamente vera. Un uomo Lycopodium (che vuole sempre dominare gli altri per dimostrare a se stesso che vale e poter così quietare la sua scarsa fiducia in sé) sposerà una donna Pulsatilla (per natura cedevole e bisognosa di attenzioni e cure) e dirà: "Come posso sopravvivere se non domino, perché mia moglie non vuole fare nulla da sola e non è neppure capace a gestirsi da sola. Devo dirigere io la situazione". In realtà, sappiamo che Lycopodium vuole dominare e per giustificare a sé e agli altri che non è un suo capriccio, ma una necessità, e cerca una donna che gli permetta di essere come lui vuole, senza sentirsi in colpa.

5 - La scoperta della compensazione
In generale, quanto più il paziente è ‘raffinato', tanto meno ammetterà le sue debolezze. I pazienti che si sono modificati coscientemente, grazie ai loro sforzi o all'aiuto di un Terapeuta, tendono a rifiutare i tratti negativi che hanno posseduto fino a quel momento. Se sospettate che una persona sia un certo tipo e se lei rifiuta di ammettere di avere un particolare problema, chiedete se lo ha mai avuto in passato. Molto spesso il paziente lo confermerà spontaneamente. La crescita personale non muta il tipo costituzionale, quindi anche le caratteristiche precedenti possono essere impiegate nella valutazione omeopatica. A questo proposito, è sicuramente molto utile un'analisi della personalità dell'infanzia del paziente. Man mano che si diventa adulti si impara a compensare le proprie debolezze, a controllare gli eccessi e a mascherare gli aspetti caratteriali che non sono socialmente accettabili. La personalità del bambino è relativamente immodificata da tali adattamenti e spesso rivela molto chiaramente il tipo costituzionale.

6 - Analisi del carattere da bambino
A completamento del punto precedente, possiamo cogliere l'aspetto spontaneo (cioè scompensato) della psiche del paziente se sappiamo com'era da bambino, dato che nell'infanzia si compensa molto poco e, come abbiamo detto, in genere il carattere profondo non cambia. Quindi, dato che spesso il rimedio è lo stesso, si può usare il carattere da bambino come indicazione per capire meglio il suo carattere adulto attuale.
Ad esempio, se un adulto è molto socievole, diplomatico e va d'accordo con tutti, si può pensare che abbia bisogno di Phosphorus, specie se ha desiderio di gelati, infreddolimento e un'indole servizievole. Comunque, se chiedendogli di parlare del suo carattere da bambino dice che era teso prima degli esami e timido, bisogna pensare a Silicea. La sua socievolezza, allora, è una forte compensazione della timidezza, della scrupolosità e dell'autocoscienza. Quindi, a meno che non sia intervenuto un cambiamento radicale, se il quadro attuale non è molto chiaro, ci si può basare sul quadro dell'infanzia per scoprire il rimedio.

7 - Indagare lo stato d'animo della madre durante la gravidanza
In un gran numero di bambini (nonché di adulti) si può ripetere lo stato mentale che la madre aveva durante la gravidanza, soprattutto se tale stato fu molto intenso e tra madre e figlio ci sono delle analogie caratteriali.
Anche lo stato del padre durante il concepimento può fornire numerose indicazioni, ma è secondario rispetto quello materno.

8 - Lo studio dei genitori
Analogamente ai pazienti che spesso possiedono proprio quel carattere che negano in modo categorico, anche i pazienti che sono sicuri di non assomigliare al padre o alla madre spesso condividono lo stesso tipo costituzionale del genitore in oggetto. In questi casi, allora, acquista particolare importanza indagare la personalità dei genitori. La donna che mostra il proprio bambino con affetto e attenzione e che è determinata a non essere fredda come la propria madre, è probabilmente una Natrum muriaticum; mentre l'uomo che si mette ai margini della società e dichiara di essere indifferente a ciò che gli altri pensano di lui, probabilmente appartiene allo stessa tipologia di suo padre Lycopodium che, sempre a caccia di popolarità, ha provato in tutti i modi di diventare socialmente famoso.

9 - Interrogare i familiari e gli amici del paziente
È sempre molto utile confermare l'impressione che ci siamo fatti sul paziente parlando con chi lo conosce da diverso tempo. L'ideale sarebbe farlo in modo esauriente ma, se abbiamo poco tempo o se riteniamo di avere già un quadro preciso del soggetto, ciò che possiamo fare è chiedere all'amico o al parente di descrivere il temperamento del paziente in poche parole che riassumano le sue caratteristiche più importanti. Quando udiamo queste parole, se combaciano con la nostra comprensione del paziente, allora possiamo essere certi di aver individuato il nucleo. Se però riscontriamo un minimo scostamento dalla nostra comprensione, allora dobbiamo approfondirla ulteriormente con colui che sembra avere buoni motivi per conoscere il paziente meglio di noi.


BIBLIOGRAFIA
1 - Sankaran R. Il Sistema dell'Omeopatia. 4 vol. Edizioni Salus Infirmorum, Padova, 2002
2 - Sankaran R. La Sensazione in Omeopatia. 6 vol. Edizioni Salus Infirmorum, Padova, 2008
3 - Sankaran R. La Sensazione in Omeopatia. 2a Parte: Ulteriori precisazioni. 7 vol. Edizioni Salus Infirmorum, Padova, 2008

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