Sull'uso delle dosi e delle potenze omeopatiche (Recensione)

Pubblicato il 14/05/2019

Categorie: Estratti Libri - Recensioni

Autori: Gustavo Dominici

Fonte: Il Medico Omeopata - Rivista

Sull'uso delle dosi e delle potenze omeopatiche (Recensione)

Ho letto con attenzione il libro-pamphlet che ci propone Salvatore Coco, lentamente, ricapitolando spesso le acquisizioni precedenti per non perdere importanti concetti. Il testo è sintetico e denso, frutto di studio e riflessione durate anni. Si comprende come l'autore voglia arrivare a risultati certi e definitivi tramite uno studio attento, certosino, meditato dei testi di Hahnemann e di pochi scelti maestri, testi al di sopra di ogni sospetto, citati nell'essenziale bibliografia: Kent, Ortega, Paschero, Jahr e pochissimi altri.

L'Autore ha cercato di dare una risposta definitiva al quesito che si pone ad ogni omeopata: dopo una visita omeopatica e dopo aver scelto il rimedio, a che potenza dobbiamo prescriverlo ed in che quantità? A questo dilemma ha risposto ogni grande Omeopata ma, di fatto, di conclusioni ne sono state proposte molte e differenti l'una dall'altra. A questo quesito ogni medico omeopatico, di breve o di lungo corso, deve rispondere nella sua pratica quotidiana, perché una scelta la deve pur fare. Sempre a questo quesito chiedono risposta gli studenti, smarriti nei meandri delle possibilità e delle interpretazioni. Omeopatia, terra delle infinite possibilità, dove ogni regola può essere dimostrata, ma anche quella differente, a volte persino quella opposta.

Nella nostra pratica omeopatica lo studio della sensibilità individuale è fondamentale, in quanto l'Omeopatia non guarisce con l'azione diretta del medicamento ma con la reazione eccitata dal medicamento. (..) .oltre l'aspetto della similitudine entra in gioco un'altra variabile: ogni individuo ha il suo personale grado di sensibilità.

Questa premessa è indispensabile per capire o tentare di capire come muovere i primi passi. Non basta la similitudine, occorre adattare il rimedio alla condizione energetica del paziente - che quindi va valutata - se vogliamo ottenere un risultato rilevante.

È forse questa la spiegazione del fatto al quale accennavo sopra, che spesso in Omeopatia il rimedio giusto o sufficientemente giusto funziona indipendentemente dalla dose e dalla potenza. Certamente, quando questo accade, stiamo trattando dei pazienti che dispongono di un alto grado di sensibilità che permette loro di generare effetti secondari terapeutici a stimoli anche non perfettamente appropriati, ma non sono certamente questi i casi più adatti per arrivare a delle conclusioni. Per cui, la sensibilità individuale conta e molto, non c'è possibilità di conoscere questo fattore a priori, vista la complessità e la rarefazione dell'argomento, ma solo osservando costantemente e minuziosamente ogni singolo paziente per comprenderne la suscettibilità e quindi individualizzare la terapia.

Poi l'Autore ci propone una grande e netta divisione fra malattie acute e malattie croniche, con le differenti regole posologiche. Dopo l'elencazione dei rispettivi paragrafi dell'Organon risulta chiara la conclusione per il primo grande gruppo:

...si può comprendere che nelle malattie acute la dose-quantità deve essere piccola e la potenza o dinamizzazione deve essere alta. Casi clinici sintetici e chiari completano il capitolo.

Inevitabilmente più difficile risulta lo studio della posologia nelle malattie croniche, il  vero obiettivo di ogni cura che voglia definirsi tale. Qui si pone subito una divisione in due grandi direttive:

1. la somministrazione di una sola dose del rimedio e poi l'attesa;
2. somministrazioni ripetute del rimedio.

Entrambe le possibilità hanno la loro ragione di essere: sono state ottenute splendide guarigioni con entrambe. Quello che è importante comprendere è quale delle due possibilità possa essere più efficace nelle differenti forme di sofferenza.

Perfetto, l'Autore non si schiera a spada tratta con nessuna delle due modalità, ma tenta di ricavare i principi che rendono più opportuna l'una o l'altra. Iniziamo dalla prima:

Per le forme di sofferenza funzionale e psicosomatiche anche di lunga durata è spesso sufficiente una sola somministrazione del rimedio. Esempi clinici.

Le indicazioni per l'uso di somministrazioni ripetute fin dall'inizio del trattamento ci vengono quindi dalla patologia da curare, quando questa è una patologia cronica, ben strutturata nel tempo e nella forma (..), mentre se la patologia è più recente e non è una patologia già strutturata si può preferire l'uso di una sola somministrazione.

Chiaro, impeccabile, fornisce uno spartiacque; non solo, il buon senso che ha accompagnato l'Autore per tutta la stesura del libro, a proposito della somministrazione ripetuta del rimedio gli fa affermare:

Queste regole non hanno valore assoluto, (..) ma sono il frutto della ricerca clinica omeopatica tendente ad ottimizzare i risultati terapeutici.

E questo è proprio il punto, il cuore del problema e l'elemento che mette disordine dove ordine si vorrebbe creare. Si entra poi nel capitolo: scelta della potenza e dose-quantità nelle  malattie croniche, anche qui con conclusioni in linea con lo studio dei testi classici e la pratica, che non vi anticipo per lasciarvi intatto il piacere della lettura.

Salvatore Coco parte da presupposti corretti e, dopo una vera esegesi dei testi che contano, arriva a conclusioni logiche, accettabili, supportate da esempi pratici, ricche di buon senso, in quanto sempre sottoposte a revisione critica nel costante tentativo di ottimizzare i risultati terapeutici. Nessuna critica all'Autore, solo apprezzamento e la speranza che qualcuno risponda, con altrettanto corpose motivazioni. Non mi rimangono che un paio di brevi considerazioni.

La prima riguarda la possibilità del mondo omeopatico di comprovare affermazioni circostanziate come queste, che inevitabilmente va a cozzare con carenza di mezzi, di materiali e con le difficoltà che pone l'esigenza di individualizzazione; nonostante ciò non si può rinunciare al riscontro sperimentale, occorre impostare studi clinici con criteri adeguati per poter dare una risposta oggettivabile a quesiti di tale rilievo.

L'altra è la sensazione di affaticamento e preoccupazione che potrebbe emergere nel lettore quando, già cosciente dell'impegno nel seguire i pazienti, aggiungesse l'esigenza di prescrivere con modalità così sofisticate. In questo caso l'Omeopatia può risultare pratica veramente complessa e difficile, probabilmente troppo distante da un modello di semplicità attuativa richiesto per un'affermazione su più larga scala.

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