Materia Medica del dramma antico: Prometeo incatenato di Eschilo

Pubblicato il 05/10/2020

Autori: Laura Naselli

Materia Medica del dramma antico: Prometeo incatenato di Eschilo

Lo vediamo Prometeo, gigantesco, mentre il dio Efesto prepara le catene che gli bloccheranno petto, gambe, braccia e lo crocifiggeranno a una rupe nella lontana Scizia, ai confini del mondo.

Il titano Prometeo ha portato la conoscenza agli uomini e, soprattutto, il fuoco e per questa grave colpa Zeus lo ha condannato ad essere avvinto ad una rupe con il volto verso il cielo. Ogni giorno un'aquila scenderà su di lui per divorargli il fegato, che andrà incontro ad autorigenerazione in modo che l'aquila banchetti per l'eternità. Perché qui si parla di dèi, quindi i tempi si allungano di parecchio. Il mito racconta che Eracle, un giorno, verrà a liberarlo.

Ma veniamo alla tragedia di Eschilo. Potere e Forza entrano in scena recando Prometeo, li segue Efesto, il fabbro dell'Olimpo, con gli attrezzi necessari. Potere invita Efesto a darsi da fare in fretta: la punizione non può aspettare. Egli dovrà "con grande forza, inchiodarlo alla rupe". Efesto si mette al lavoro, anche se prova grande pena per il condannato, ma non osa ribellarsi alla volontà del padre Zeus. Una volta svolto il suo compito si allontana. Anche Forza e Potere escono di scena, non prima però che Potere abbia preso in giro Prometeo, detto "il preveggente", perché non è stato capace di prevedere la propria fine ignominiosa. Prometeo rimane solo, egli è pronto ad accettare la sorte quando entrano in scena le Oceanine che lo compiangono ad alta voce, come si conviene ad ogni tragedia greca.

Prometeo racconta la sua storia. Ci spiega che, tra tutti i Titani, era l'unico che si fosse schierato dalla parte di Zeus dopo che questi aveva detronizzato suo padre Kronos, il crudele mangiatore di neonati, ma che questa alleanza si era spezzata nel momento in cui Zeus, una volta divenuto re dell'Olimpo, aveva distribuito privilegi a tutti tranne che ai mortali.

Questi, "gli infelici", vivevano una vita subumana, non conoscevano case, mattoni, non sapevano lavorare il legno, non avevano medicine e "vivevano sotterra come labili formiche". Prometeo non poté sopportare questa ingiustizia e scese tra di loro insegnando i numeri, "i segni scritti" e, per finire, portò loro il fuoco, spingendoli quindi verso l'evoluzione. Ma i miti e le storie di religione ci raccontano di come sia pericolosa l'acquisizione della conoscenza e che questa ha un prezzo altissimo. In questo caso, è Prometeo a pagare per tutti.

A questo punto sulla scena irrompe, un po' confusa, Io, una fanciulla che reca sulla testa delle corna di mucca, una vittima dell'eterna diatriba tra Zeus e sua moglie Era. Zeus, instancabile traditore, l'ha concupita; Era, instancabile vendicatrice, l'ha perseguitata. Narra infatti il mito che Zeus, per salvarla, l'ha trasformata in giovenca; Era, allora, le ha spedito dietro un tafano che la tormenta. La povera Io percorre la terra in cerca di sollievo. Prometeo le predice che un giorno troverà pace, che attraverserà il Bosforo a nuoto e che dai suoi fianchi nascerà una stirpe che darà origine ad Eracle, il suo salvatore.

Io, disperata, esce di scena sbraitando sulla propria sorte.

Prometeo continua a vaticinare su Zeus predicendo la sua caduta, allora questi manda Ermes che chiede a Prometeo di rivelargli questo segreto. Lo minaccia: "Il padre degli dei frantumerà la roccia... e ti seppellirà", e poi: "l'aquila fulva... verrà... a cibarsi del tuo fegato nero e questa pena non avrà mai fine".

Prometeo lo tratta come un servo degli dèi, un ragazzetto imbecille e lo manda a quel paese.

A questo punto la folgore si abbatte su di lui che grida al mondo: "Quello che soffro è contro la giustizia".

Analisi omeopatica

Prometeo è un eroe coraggioso e onesto. A lui ha pensato già Jan Scholten che ha il rimedio giusto: Promethium. Prodotto dalla scissione dell'Urano, il rimedio che aiuta gli altri ad essere indipendenti e liberi, che produce la luce, in altre parole la conoscenza; potente terapeuta, insegnante, impegnato nel padroneggiare il proprio mondo spirituale. Il fegato è uno dei suoi punti deboli.

Mi piace ricordare anche la povera Io, vittima dei capricci degli dei. Sembra che Natrum muriaticum le calzi a pennello, anche se una vocina (suggeritami da Rajan Sankaran) mi ricorda le malvacee e in particolare Abelmoschus, afflitto dalla paura degli insetti, si sente "estraniato dalla famiglia e separato dal mondo".

 

N.B. La versione da me usata è Eschilo, Le tragedie, introduzione di Luigi Lunari, Universale Letteraria Sansoni.

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